Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Gli imprenditori: «I soldi solo se c’è un progetto» Ma l’Api: «Noi pronti La Regione sia capofila»
«Anche avendone possibilità ed intenzione, chi è quell’investitore potenziale disponibile a mettere soldi propri in un progetto di cui non si conosce nulla? Perché un imprenditore dovrebbe puntare su Veneto Banca o su Popolare di Vicenza se i piani industriali in concreto non esistono e le idee cambiano ogni due giorni?». Pur riconoscendo che dell’argomento è «molto difficile parlare» l’idea di fondo del finanziere Giovanni Gajo, fondatore di Alcedo Sgr, e abituato nello stare a cavallo tra finanza e impresa, è piuttosto chiara.
La Bce sostiene che servono 6,4 miliardi per provare a rimettere in piedi gli istituti, Bruxelles avverte che, però, lo Stato, per tamponare i buchi, può arrivare fino ad un certo punto e che 800 milioni devono esser corrisposti da soggetti privati. La ragione per cui questi dovrebbero avvertire l’afflato morale per farlo è il vero oggetto misterioso. «Quello della salvezza delle banche di territorio è un tema di bandiera – prosegue Gajo – che oggi non ha più ragione di esser considerata. Dunque i soldi si dovrebbero mettere a fronte di un ritorno; ma su questo non c’è alcun indizio, perché il piano industriale in sostanza manca, ancora non è stato deciso se le due banche diventeranno una sola e nessuno ha il tempo di seguire le oscillazioni di pensiero di Fabrizio Viola, di Alessandro Penati magari sotto pressione di Ue e Bce. Rimane l’ipotesi della sensibilità sociale e della beneficenza. Ma in questo caso perché non dare i soldi, piuttosto, ad un brefotrofio?».
In sostanza, se il mondo della grande industria, di fronte alle ex popolari che rischiano di affogare, non apre bocca e guarda altrove, per Gajo una ragione c’è anche: «La nebbia non si è diradata – conclude – e, non avendo nulla da esaminare ai fini di un’eventuale decisione, per il momento io di soldi non ne metto e non consiglio ad altri di farlo».
Non dissimile il punto di vista di Fabio Franceschi, patròn di Grafica Veneta: «Non dobbiamo parlare di imprenditori che si nascondono – dice, replicando al sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta sulla mancata assunzione di responsabilità della categoria – ma di una situazione che si deve ricomporre, e questo non dipende da noi». Per Franceschi a non essere corretto è innanzitutto l’atteggiamento di Bruxelles giudicato «aggressivo verso banche che sono molto deboli. Non appena si vedrà una ripartenza – assicura – l’impegno degli imprenditori del territorio non mancherà».
Ad apostrofare Baretta è ovviamente anche Nicola Finco, capogruppo in consiglio regionale della Lega Nord: «Baretta non si è mai visto ad una sola assemblea degli azionisti delle ex popolari, al contrario di molti altri che si sono prestati ad un franco confronto senza timori, anche quando si trattava di scendere in piazza a dialogare con cittadini giustamente arrabbiati. Cosa ha fatto di concreto Baretta per il Veneto in 5 anni di governo?».
Fra gli imprenditori, mentre latitano le prese di posizione sul fronte Confindustria, avanza intanto un’ apertura Apindustria Vicenza attraverso il suo presidente, Flavio Lorenzin, il quale pone comunque come condizione necessaria l’assunzione di un ruolo da parte della Regione. «Un miliardo si può trovare, non sono necessarie moltissime aziende per metterlo insieme», sostiene, ritenendo fondamentale scrollarsi di dosso il passato e ricostruire un sistema bancario in grado di «vivere da dentro» il territorio, che sappia toccare con mano «le peculiarità della nostra realtà economica e produttiva. Noi già fin d’ora diamo la nostra disponibilità ad esserci, imparando dagli errori del passato per restituire al Veneto un nuovo punto di riferimento sul fronte bancario e creditizio, basato su regole chiare e massima trasparenza. Per fare questo riteniamo però cruciale l’intervento della Regione, che ha i numeri e i mezzi per coinvolgere gli attori necessari e svolgere un ruolo di coordinamento e punto di contatto tra le diverse realtà territoriali che hanno a cuore il futuro della nostra economia e la nostra ‘fame di crescita».