Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Sfidarono i carabinieri: «Meritavate Nassiriya» Tre islamici a processo
L’Isis non era ancora la minaccia di ogni giorno, ma l’atteggiamento di sfida verso l’occidente era già nell’aria. Ed è anche per questo che tre rapper nordafricani accusati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale sono finiti a processo per una vicenda che risale alla fine del 2014. «Ci vuole una Nassiriya. Siete ridicoli, ne approfittate solo perché avete sta c... di divisa, vedrete come andrà a finire, forse siete solo invidiosi perché siamo vestiti meglio di voi». Sono queste le frasi scagliate contro i carabinieri da Abdelhamid Talibi, che all’epoca aveva 27 anni, figlio dell’imam di via Anelli e leader del gruppo rap «Fratelli Kamikaze» con cui aveva pubblicato il brano «Città del Peccato». La «colpa» dei due militari era semplicemente quella di aver chiesto i documenti durante un normale controllo di pattuglia a Talibi e ai suoi due amici Karbal Yassine, marocchino di 24 anni e Hamza El Allak, coetaneo. Dopo le parole del leader del gruppo, i due più giovani si erano sentiti forti e avevano iniziato a spingere e strattonare i due carabinieri, che dal 25 settembre (difesi dal penalista Luca Motta) saranno parte civile nel processo contro i tre rapper. Il controllo in strada, un normale presidio di routine, era iniziato già con i toni accesi: «Con tutti gli spacciatori che ci sono in giro, proprio a noi dovete rompere le scatole?», avevano detto i tre per poi andare dall’avvocato e denunciare i due carabinieri per maltrattamenti (affidando tutto a un video caricato su internet). «Stavamo tornando dalla preghiera - aveva raccontato all’epoca Talibi - mi trovavo con due amici. I carabinieri ci hanno fermato davanti alla chiesa del Carmine per un controllo. Io non avevo i documenti, ho consegnato loro soltanto la fotocopia della denuncia di smarrimento. Mi hanno invitato a salire in macchina, volevano ammanettarmi». È questo l’unico particolare su cui combaciano il racconto del giovane e il verbale dei carabinieri. Trovato senza documenti, i due militari avevano chiesto al figlio dell’imam di via Anelli di montare in macchina e seguirli in caserma per l’identificazione. Una richiesta che aveva fatto scattare la reazione del ventisettenne e dei due suoi amici che dopo aver offeso i carabinieri, li avevano spintonati per evitare che caricassero nella gazzella il giovane. Era stato lui a fare il video del controllo e portarlo in procura. La denuncia contro i due militari però è finita in archivio e il processo tocca ai tre rapper. (n.m.)