Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’ansia dei correntisti agli sportelli: «Ormai viviamo in apnea»
«Quarant’anni fa è stato Gheddafi a portarmi via tutto, quando con mio padre ero in Libia. Adesso la seconda batosta me l’ha data la Popolare di Vicenza». Emanuele, ex piccolo imprenditore oggi in pensione, arriva trafelato in bicicletta alla filiale numero 5 di Bpvi a Vicenza. «Questa mattina ho letto di quello che chiede l’Europa. Sono venuto a chiedere in banca, mi devono dare rassicurazioni: io qui ho già perso 92mila euro. Mille e cinquecento azioni, adesso sono pezzi di carta senza valore». Le sue preoccupazioni sono quelle di tanti.
Quella di viale Trieste è una filiale importante, lì hanno i conti molti soci e azionisti del capoluogo. L’ex colosso bancario a Vicenza è ancora l’«istituto» della città, qui il ricordo di quando le cedole delle azioni arrivavano regolari ce l’hanno in tanti e non è ancora sbiadito. Ma è un ricordo, appunto: nella mattinata di giovedì, quando i giornali pubblicano i dubbi e la «fumata nera» che da Bruxelles rischia di incagliare la ricapitalizzazione e la fusione con Veneto Banca, c’è più di un correntista che corre a chiedere spiegazioni in filiale. «Ho il conto con Bpvi dal 1970, ho lavorato una vita per ricostruire quello che avevamo perduto in Libia. Ma in questi anni, con le azioni, è stata una delusione enorme – incalza l’ex imprenditore – ho ancora i miei soldi e quelli dei miei figli nel conto, se mi levano pure questi per me va a finire male. Non ne avrò più neanche per mangiare: ora vado dentro e gli chiedo come va. Tanto sono sicuro che la risposta sarà “è tutto a posto”». Mentre sfiduciato l’italo-libico entra nella bussola, dalla filiale esce un sessantenne vicentino. «La verità è che da quando c’è stato il tracollo con Gianni Zonin questa banca non si è più ripresa. E’ un’apnea continua e non se ne vede la fine» commenta allargando le braccia.
«Può scrivere che non sono tanto preoccupato per il conto, non vado altrove – precisa - in fondo lì ho solo 20mila euro. Però ne ho oltre centomila in obbligazioni, quello mi dà parecchio da pensare». Correntista dagli anni ‘80, il vicentino racconta la crescente delusione dell’ultimo triennio. «Siamo stati toccati anche noi, mia sorella era dipendente della banca e una decina di anni fa ha dovuto comprare pure lei un pacchetto di azioni da 15mila euro. Una scelta di fatto obbligata — dice il sessantenne con una smorfia — era quando hanno iniziato i grandi aumenti di capitale. Io per fortuna ne sono rimasto fuori: pur da profano mi sono sempre chiesto che senso avessero delle azioni non negoziabili». In fondo è tutta una questione di soldi. Chi non ne ha molti si sente al sicuro: «Se mi fido? Non ho capitali investiti, nel conto corrente entra solo il mio stipendio – sorride Debora, quarantenne vicentina – sarei molto più preoccupata se avessi Bot o azioni. Ma io ho il conto qui da vent’anni, da quando ho iniziato a lavorare. Penso di rimanere: so quali sono le mie spese, cosa entra e cosa esce, controllo spesso». Marilisa – ottant’anni ben portati, correntista in una filiale della provincia – entrando in banca ha un’aria che promette tempesta. Spende solo due parole per descrivere la sua situazione: «Sì sì, il conto lo tengo. Tanto, i soldi sono già sfumati: mio marito aveva investito la sua liquidazione nelle azioni della Popolare. Siamo in causa con un’associazione di consumatori».
L’unica che accetta di rendere pubblico il vero nome, forse non a caso, non è né vicentina né italiana. «Io con la Popolare ho solo una carta prepagata – spiega Slavica Milovanovic – ho sentito che ci sono dei problemi, ma in fondo non penso ci sia da preoccuparsi fin che metto dentro pochi soldi». Mentre parla esce Emanuele, il pensionato italo-libico. Ripete quanto ha sentito allo sportello: «Mi hanno detto “aspettiamo”, che è “inutile agitarsi”. Speriamo bene...».
Il libico Quaranta anni fa fu Gheddafi a portarmi via tutto, ora è la mia banca Marilisa Mio marito aveva investito la liquidazion e nella Popolare, abbiamo già perso tutto