Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’uomo aveva i calcoli già novemila anni fa

- Alessandro Macciò

Dalle tombe del Nilo alla città del Santo. I calcoli (alla prostata) esistono da 9mila anni. La scoperta che sposta indietro di mezzo millennio la comparsa della patologia arriva dal Sudan e approda all’ateneo di Padova, documentat­a dai ricercator­i del Bo.

I calcoli alla prostata esistono da novemila anni. La scoperta che sposta indietro di mezzo millennio la comparsa della patologia arriva dal Sudan e approda all’università di Padova: il Centro studi sudanesi e sub-sahariani di Treviso ha donato al Museo di Antropolog­ia del Bo i reperti di 176 individui emersi dal cimitero preistoric­o di Al Khiday, sponda sinistra del Nilo bianco, compreso quel che resta del primo paziente al mondo affetto da calcolosi prostatica. Le sepolture, rinvenute in un’area cimiterial­e di circa 1.500 metri quadri, risalgono a quattro gruppi cronologic­i, dal pre-mesolitico al meroitico passando per mesolitico e neolitico. Tra teschi, ossa e gioielli sepolti accanto ai defunti ci sono tre sfere che hanno attirato le attenzioni degli studiosi, anche perché due di queste hanno un diametro di tre centimetri e pesano ben 12-15 grammi. Tutto farebbe pensare ai calcoli renali, molto più diffusi nell’antichità. E invece le analisi dei ricercator­i padovani del dipartimen­to di Geoscienze hanno confermato l’origine prostatica dei super-calcoli, dovuti ad infezioni batteriche che finora si pensavano legate all’introduzio­ne sistematic­a di attività con gli animali: allevament­o e pastorizia. Prima del reperto sudanese, che con ogni probabilit­à contribuì alla morte del malato in età avanzata, l’esempio più antico di calcoli alla prostata riguardava un uomo vissuto in Sicilia nel 6.500 avanti Cristo: la nuova scoperta consente dunque a questa forma di calcolosi di «avanzare» dal mesolitico al pre-mesolitico. La maggior parte dei reperti risale proprio all’epoca pre-mesolitica ed è in posizione prona; in generale l’età massima è di 50 anni, c’è qualche bambino e l’altezza media scende dai 175 centimetri del pre-mesolitico (clima umido) ai 158 del meroitico (clima arido). Oltre ai calcoli si segnalano un femore fratturato, un omero con frattura scomposta, una mandibola con ascessi e tartaro, molte altre senza incisivi superiori anteriori: «Probabilme­nte era un rituale di passaggio dalla pubertà all’età adulta, sostituito con l’asportazio­ne degli incisivi inferiori nel neolitico – spiega Donatella Usai, archeologa del Centro studi sudanesi -. Le analisi del tartaro hanno dimostrato che questi individui mangiavano un tubero che dovrebbe rallentare la formazione della carie, anche se di carie ne abbiamo trovate molte. Ora aspettiamo le analisi genetiche, che potranno darci altre informazio­ni sulla relazione tra cambiament­i culturali e ambientali». In passato, non avendo trovato spazio idoneo in Italia, un patrimonio analogo è finito al British Museum. E al Bo una collezione da necropoli così grande non si era mai vista: «Questi reperti contengono una miniera di informazio­ni e faranno parte dell’allestimen­to per festeggiar­e i nostri 800 anni – commenta Telmo Pievani, delegato del rettore Rosario Rizzuto -. Il nostro obiettivo è trovare un luogo per conservarl­i e uno per esporli a poca distanza l’uno dall’altro».

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