Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ecco i pesci robot In branco tra i canali per studiare Venezia «Infinite applicazioni»
Ieri primo test. Indagheranno lo stato delle rive
Un banco di pesci robot, coordinati da ninfee artificiali a pelo d’acqua e da una rete di mitili sintetici sul fondale, sguinzagliati per i canali del capoluogo veneto e per le acque della sua laguna, tra isole e barene, per studiare più a fondo uno degli ecosistemi più particolari e delicati d’Europa, in una maniera fino ad oggi semplicemente impossibile.
A due anni dall’avvio, e con altri due anni di anticipo rispetto all’effettiva applicazione pratica, ieri è stata l’acqua salmastra della «darsena grande» dell’Arsenale di Venezia, storico bacino di costruzione navale, a ospitare la prima prova fuori dal laboratorio per il sistema Subcultron, l’innovativo metodo di rilevamento ideato e realizzato da un team internazionale di sei Paesi e finanziato dall’Unione Europea per quasi quattro milioni di euro. Sotto la guida del professor Thomas Schmickl dell’università di Graz e con il sostegno degli studiosi italiani di Ismar, Corila, Cnr e Ca’ Foscari, esperti conoscitori delle correnti lagunari, la squadra ha dato vita al più grande «sciame» di robot subacquei mai creato, sfruttando tecnologie molto diverse per riuscire a creare non una semplice pattuglia di micro sottomarini, ma qualcosa che assomiglia più a un piccolo ecosistema di silicio, con componenti differenti capaci di dialogare tra loro e di agire in maniera quasi completamente autonoma, per intere settimane.
L’obiettivo è di organizzare un sistema indipendente che possa vigilare sull’intera area lagunare, raccogliendo dati là dove i sonar montati su barca non possono arrivare, tenendo sotto controllo l’erosione dei fondali, la salinità dell’acqua, il movimento delle correnti, ma anche lo stato di salute delle rive cittadine vessate dal moto ondoso e persino i tanti problemi di usura già emersi sotto il livello del mare tra le paratie mobili del Mose. «Ancora non sappiamo tutti gli obiettivi che potremmo raggiungere con queste tecnologie – ammette Schmickl - le possibilità sono innumerevoli, avremo a disposizione una mole di dati mai vista».
Il sistema Subcultron è costituito da tre elementi fonda- mentali: cinque «aPad», ninfee artificiali che fungono da stazione e coordinamento di superficie, droni a quattro eliche governabili anche manualmente; trenta (ma in futuro arriveranno a 120) «aFish», sottomarini grandi poco meno di un pallone da rugby, che si muovono sfruttando le correnti e l’elettricità dell’acqua – come il pesce elefante che li ha ispirati – e che esplorano in maniera indipendente le profondità, comunicando tra loro e con gli altri robot, individuando punti di interesse e segnalandoseli a vicenda. Infine ci sono 120 «aMussel», mitili elettronici che si piantano sul fondale per costituire una rete di informazioni che può fornire ulteriori indicazioni ai pesci robotici, e che quando esauriscono le batterie sono in grado di sganciarsi e risalire in superficie, per raccogliere energia solare o farsi recuperare da un «aPad», che può anche decidere di riposizionarli altrove. Insieme, i robot danno vita a una sorta di rete neurale, un’intelligenza artificiale più efficace della somma delle sue parti, quasi indipendente.
Lo studioso Avremo a disposizione una mole di dati mai vista