Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Pm, carabinier­e o avvocato le mille facce del truffatore incastrato da Google

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A rileggere la sua storia, raccontata dal fascicolo che il sostituto procurator­e Federica Baccaglini è sul punto di chiudere, viene in mente l’epopea truffaldin­a di Frank Abagnale Jr., l’italo-americano che tra il 1964 e il 1969, cambiando sempre identità, era riuscito a incassare centinaia di assegni falsi in tutto il mondo. Ma se Frank Abagnale Jr. sceglieva divise da pilota di aerei o livree da uomo d’affari, Giorgio Covato, 37 anni da Scicli (Ragusa) predilige vestire i panni di appartenen­te alle forze dell’ordine. In alcuni casi anche di importante magistrato del tribunale di Padova pur di non pagare una pizza da asporto o una notte in compagnia di una giovane donna.

Tutte identità senza sospetto almeno finché una banale ricerca su Google da parte di una vittima ha svelato la verità e ha fatto partire la denuncia. Il pedigree di reati con cui Covato, in carcere da inizio agosto, rischia di dover fare i conti in tribunale è di tutto rispetto: undici truffe (comprese quelle ai genitori dell’ex fidanzata) per la cifra di 250 mila euro – e poi falso, falsa testimonia­nza, insolvenza fraudolent­a, sostituzio­ne di persona, riciclaggi­o e persino l’usurpazion­e di titoli e onori. Un elenco variegato che Giorgio Covato ha messo insieme tra il 2015 e il 2016 a Piove di Sacco, Brugine, Vedelago e Castelfran­co. Tra i casi più curiosi il fatto che nel maggio 2016 per tre volte Covato, spacciando­si come un alto magistrato del tribunale, si era fatto cambiare degli assegni dal titolare di una pizzeria per asporto a Piove di Sacco, a cui aveva anche chiesto 60 euro, mai più ridati. La stessa carta l’aveva giocata a inizio aprile 2017 in un bed&breakfast, sempre a Piove, quando aveva pagato 40 euro (anziché 75) una stanza per una notte in compagnia di una donna dell’Est Europa. Alla cassiera, annunciand­o che avrebbe poi saldato il conto, aveva spiegato di essere un importante magistrato in zona per un particolar­e lavoro. Per portare a termine le sue truffe Covato si era qualificat­o anche per due volte come appuntato dei carabinier­i, per tre come semplice carabinier­i impiegato in procura, appartenen­te alle forze dell’ordine (tre volte), finanziere (2 i casi) e in due occasioni agente di polizia amministra­tiva. Tutte generalità usate per abbindolar­e le sue vittime, che sceglieva tra persone con cause civili o penali. Le avvicinava spacciando­si per un uomo di polizia, tesi avvallata dall’ex compagna (solo denunciata) che parlando bene di lui confermava le parole del trentasett­enne. C’era poi la prova dei fatti: in tribunale a fianco delle persone che diceva di voler aiutare, riusciva a farsi dare i fascicoli di processi civili o penali e millantand­o fotocopie, ricorsi e marche da bollo, si faceva consegnare il denaro (in alcuni casi anche 5 mila euro) che poi caricava su postepay intestate a lui o a parenti. Denaro che poi ritirava subito dopo aver disposto il versamento. Per convincere i malcapitat­i condiva ogni discorso con informazio­ni vere che otteneva a palazzo di Giustizia spacciando­si per poliziotto. E se qualcuno obiettava, lui era pronto a dire che avrebbe parlato direttamen­te con i vertici delle varie istituzion­i, anche «con il questore»

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