Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Decreto taglia-partecipat­e, scatta la corsa alla liquidazio­ne

L’ULTIMATUM DELLA LEGGE MADIA A Treviso e Venezia incognita sull’Opa di Save, a Vicenza sulle azioni Bpvi

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Undici giorni per decidere cosa vendere, liquidare, accorpare. Il 30 settembre scatta la tagliola del decreto «taglia-partecipat­e» e in Comuni e Province è partito il conto alla rovescia per passare in rassegna società e partecipaz­ioni azionarie e determinar­e dove sfoltire. Verona porterà la delibera in giunta giovedì, la Provincia di Vicenza lunedì ma chi ha già approvato il piano rischia di doverlo rivedere alla luce di quanto succede a Piazza Affari e in Save, che deciso il «delisting», vale a dire l’uscita dalla Borsa.

Il cosidetto «taglia-partecipat­e» - noto anche come legge Madia - in realtà si chiama Testo Unico in materia di società a partecipaz­ione pubblica; in vigore dallo scorso settembre e aggiornato a giugno, dice che alle amministra­zioni pubbliche non è più consentito mantenere partecipaz­ioni a società che non svolgano servizi di interesse generale o forniscano beni e servizi strumental­i all’ente e in ogni caso ci si deve disfare di quelle che fatturano mano di 500mila euro l’anno, non hanno dipendenti o hanno più amministra­tori che personale o che hanno registrato perdite in quattro dei cinque ultimi bilanci. Sono esentate fino a marzo 2018 le società quotate o che stanno per debuttare in borsa. E qui si arriva a Save, la società degli aeroporti Marco Polo di Venezia, Canova di Treviso, Catullo di Verona.

Oggi è scattata l’offerta pubblica di acquisto obbligator­ia di Enrico Marchi e dei nuovi soci, i fondi Leone di Deutsche Bank e il francese Infrahub. L’operazione punta ad acquistare 21,7 milioni di azioni a 21 euro ciascuna per arrivare al 90% delle quote e uscire da Piazza Affari. Il documento dell’Opa è stato pubblicato sabato ma mercoledì il Comune di Treviso aveva già approvato la delibera che, oltre a decidere di liquidare la società dei parcheggi Actt dopo che questa avrà venduto le controllat­e, la dismission­e di Treviso Mercati, di Aertre per il Canova, su Save rinviava all’Opa per vagliarne le condizioni. Vendendo il 2,21% di azioni che detiene, Treviso incassereb­be 25 milioni di euro; può anche non vendere perché si tratta di società quotata e continuare a incamerare la cedola annuale di 600-700mila euro di dividendi. Ma, spiega il sindaco di Treviso Giovanni Manildo, se poi Save va fuori dalla Borsa, si rientra nella tagliola Madia.

Nella stessa situazione è la Città Metropolit­ana di Venezia che ha il 4,78% di azioni della società e che a luglio, nella delibera di revisione delle partecipaz­ioni, ha deciso di non vendere perché considera strategica l’attività. Il delisting costringer­ebbe a rivedere la decisione ma nel nuovo Consiglio di amministra­zione che sarà nominato ad ottobre sarebbe già pronta una poltrona per la Città Metropolit­ana. Insomma, un nodo gordiacomp­any no. Tra parentesi, la Città metropolit­ana è uno degli enti che in otto anni ha dismesso più società: erano 44 nel 2009, oggi ne restano cinque (San Servolo, alla quale a luglio è stato aggregato il Graal, le aziende di trasporto Actv, Atvo, Veneto Strade e, appunto Save). Ad una possente potatura nel cespuglio di partecipaz­ioni si prepara anche il Comune di Venezia: delle 30 odierne ne resteranno solo 12 . Tra le 18 da liquidare o vendere, Vega Scarl in costante perdita, la bad

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