Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’impatto del riordino: addio alle vecchie leggi, comincia l’era degli Ets
Enti raggruppati, un Registro unico nazionale sostituirà le oltre 300 anagrafi del non profit
Il 2 agosto scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’ultimo dei decreti attuativi della delega al governo per la riforma del Terzo settore (legge 106/2016), quello sul Codice del Terzo settore che ha seguito in ordine temporale «l’istituzione e la disciplina del servizio civile universale», «la disciplina dell’istituto del 5 per mille» e «la revisione della disciplina in materia di impresa sociale».
Il cerchio però non è ancora chiuso, sulla tabella di marcia del ministero del Lavoro sono previsti 39 provvedimenti attuativi ed insieme alle rappresentanze del sociale farà un primo «tagliando» nella prossima primavera. Entro il 2017 si attende l’autorizzazione della Commissione Europea sulle nuove norme fiscali. Il percorso si chiuderà all’inizio del 2019 con l’operatività del nuovo Registro unico del Terzo settore. Si tratta di un corpus normativo imponente con una legge delega di 12 articoli e 4 decreti legislativi, che imporranno un deciso cambio di marcia; primo fra tutti il superamento dei tanti regimi speciali che hanno creato molto spesso, nel corso degli anni, un quadro generale confuso e scarsamente omogeneo del Non profit, assegnando vantaggi fiscali che non sempre tengono conto dell’effettiva attività svolta dagli enti.
La parola riordino, usata più volte anche dal sottosegretario Luigi Bobba, «padre» della riforma, è la più appropriata per indicare lo scopo principale del Codice del Terzo settore. Tre esempi sono sufficienti a farne comprendere la portata.
Primo: vengono abrogate due leggi storiche come quella sul volontariato (n. 266/91) e sulle associazioni di promozione sociale (n. 383/2000), oltre che buona parte della legge sulle Onlus (n. 460/97).
Secondo: vengono raggruppati in un solo testo le sette tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore (Ets): organizzazioni di volontariato; associazioni di promozione sociale; imprese e coop sociali, enti filantropici, reti associative; società di mutuo soccorso; altri enti senza scopo di lucro. Gli Enti del Terzo settore saranno obbligati all’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore, che riunisce e sostituisce gli attuali oltre 300 registri, albi, anagrafi degli enti non profit finora esistenti. Viene infine costituito il Consiglio nazionale del Terzo settore, nuovo organismo di una trentina di componenti (senza alcun compenso) che sarà tra l’altro l’organo consultivo per l’armonizzazione legislativa dell’intera materia.
Terzo: vengono definite le «attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale» che sono esercitate dagli Enti del Terzo settore. Si tratta di un elenco, dichiaratamente aggiornabile, che riordina appunto le attività consuete del Non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) e ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo).
Gli Ets saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili. Potranno accedere anche a una serie di esenzioni e vantaggi economici previsti dalla riforma: circa 200 milioni nei prossimi tre anni sotto forma, ad esempio, di incentivi fiscali maggiorati, di risorse del nuovo Fondo progetti innovativi, di lancio dei «Social bonus» e dei «Titoli di solidarietà».
Senza contare che diventano per la prima volta esplicite in una legge alcune indicazioni alle pubbliche amministrazioni: come cedere senza oneri alle associazioni beni mobili o immobili per manifestazioni, o in comodato gratuito come sedi o a canone agevolato per la riqualificazione; come incentivare la cultura del volontariato (soprattutto nelle scuole); come coinvolgere gli Ets sia nella co-programmazione e co-progettazione dei servizi sociali e non esclusivamente nella gestione degli stessi.
Una parte del Codice del Terzo settore è dedicata ai Centri di servizio per il volontariato (CSV), interessati da una profonda revisione in chiave evolutiva che ne riconosce le funzioni svolte nei primi 20 anni della loro esistenza e le adegua al nuovo scenario. A cominciare dall’allargamento della platea a cui i CSV dovranno prestare servizi, che coinciderà con tutti i «volontari negli Enti del Terzo settore». Il legislatore ha introdotto anche l’Organismo nazionale di controllo (Onc) con le sue articolazioni territoriali (Otc), che esercita l’attività di controllo sui CSV oltre a stabilire il numero accreditabile in ogni regione in riferimento ad alcuni parametri territoriali. Nella governance dei CSV potranno entrare tutti gli Ets secondo il cosiddetto principio delle «porte aperte», lasciando però al volontariato la maggioranza nelle assemblee. Viene infine istituito il Fondo Unico Nazionale (in sigla FUN) destinato al finanziamento delle attività dei CSV, che continuerà ad essere alimentato dai versamenti eseguiti dalle Fondazioni di origine bancaria.
direttore Associazione dei CSV