Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
C’è una cantina global e green
Impronta carbonica pari a zero, risparmio idrico e energetico, attenzione alla biodiversità Eppure Santa Margherita produce un milione e mezzo di bottiglie ed è anche in Canada
Eravamo ecosostenibili quando questa parola non esisteva ancora». Nessuna hybris, nessun peccato di superbia. Perché sono i risultati ottenuti nel corso di oltre ottant’anni di storia a certificare i successi «green» di Santa Margherita Gruppo Vinicolo, eccellenza dell’enologia italiana con un fatturato che nel 2016 ha raggiunto i 157 milioni di euro per la realtà di Villanova di Fossalta di Portogruaro, nel Veneziano. Prima cantina del Belpaese ad aver avviato un programma di «carbon neutrality» che riguarda qualcosa come 1,5 milioni di bottiglie ogni anno (su un totale di 18,9 milioni), certificate con un’impronta carbonica pari a zero. Ma non c’è solo l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica: il gruppo fondato nel 1935 dal talento visionario e imprenditoriale del vicentino Gaetano Marzotto, infatti, può vantare un impianto fotovoltaico di 2mila metri quadrati e una centrale a biomasse, che insieme comportano la non-emissione in atmosfera ogni anno di 1.300 tonnellate di CO2. Oltre all’ultima novità inaugurata a luglio: il nuovo Centro Aziendale «Vittorio Emanuele Marzotto», vero e proprio fiore all’occhiello nel settore della produzione vitivinicola. Il nuovo impianto, sorto di fronte alla storica sede della cantina che nel corso degli anni si è espansa in tutta Italia con otto tenute in varie regioni (Veneto Orientale, Conegliano-Valdobbiadene, Franciacorta, Trentino Alto Adige, Chianti Classico, Maremma e Sicilia), è in grado di imbottigliare sulla stessa linea vini fermi e spumanti coprendo l’85% dell’intero fabbisogno del Gruppo. E tutta l’impiantistica è stata concepita in un’ottica di risparmio idrico ed energetico, attraverso l’utilizzo della vicina centrale a biomasse (nella sede storica) e l’impiego di acqua calda da teleriscaldamento che garantisce più del 60% di tutto il fabbisogno per le operazioni di lavaggio, sanitizzazione e condizionamento. Fin dalla sua fondazione Santa Margherita ha fatto dell’amore per i suoi «terroir» e per chi lavora, uno dei suoi punti di forza. E non è un caso che la filosofia alla base di un successo che vanta un valore di quota export pari al 70% dell’intero fatturato, si sia diffusa anche oltreconfine. Come certifica il programma di «Carbon Neutrality» avviato in Canada, terzo mercato della cantina veneziana con una quota del 5,7% dietro a Stati Uniti (52%) e Italia (29,6%). Tutte le bottiglie di Pinot Grigio distribuite nel Paese nordamericano - si parla di circa 1,5 milioni all’anno -, sono certificate con un’impronta carbonica pari a zero in grado di annullare completamente gli 1,6 chilogrammi di anidride carbonica prodotti per ogni bottiglia (per un totale di circa 2.400 tonnellate nell’arco di 12 mesi). Come è possibile tutto questo? Attraverso una serie di interventi diretti nel ciclo di produzione e a riduzioni reali di emissioni in compensazione. Ciò che non è abbattibile nella fase della produzione (trasporto e distribuzione), viene compensato attraverso tre interventi strategici: il progetto avviato nel 2011 per riforestare appezzamenti abbandonati di Montreal per un totale di 375mila alberi piantati su un’area di 109.6 ettari; l’iniziativa che trasforma lo smaltimento in discarica di rifiuti organici comunali della municipalità di Toronto evitando emissioni di metano in atmosfera e il progetto di efficientamento dei carburanti della società di trasporti Bison con l’obiettivo di abbattere le emissioni derivanti dalla movimentazione dei prodotti. «Possiamo affermare che, in misure anche diverse, tutte le nostre tenute hanno sviluppato questa attenzione ambientale - spiegano dal Gruppo -. In Alto Adige, ad esempio, si è lavorato per ridurre l’utilizzo di prodotti della chimica di sintesi e si sono preservati i vigneti di montagna contribuendo alla tenuta geologica; in Franciacorta, oltre alla viticoltura biologica, un nostro brevetto nella delicata fase della sboccatura abbatte l’utilizzo dell’anidride solforosa; in Toscana potremmo già essere certificati “bio” in vigna e grazie all’utilizzo di componenti naturali per la prevenzione delle patologie della vite, come ad esempio l’aloe vera, potremmo quasi parlare di “viticoltura omeopatica”; in Maremma abbiamo preservato il bosco e la biodiversità. L’attenzione è globale ed investe ogni nostro vigneto in tutta Italia». In occasione dell’ultima edizione del Vinitaly di Verona, è stata lanciata anche la nuova Brand identity della tenuta di Torresella, sempre nel Veneziano. Acquisita nel 1984, questa realtà destinata alla coltivazione della vite e dei cereali già dall’epoca romana, è una tenuta che ha fatto della sostenibilità uno dei suoi tratti distintivi con investimenti specifici per ridurre il consumo di acqua dolce, mentre tutta la cantina di vinificazione e di imbottigliamento funziona con l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili della casa madre a Villanova di Fossalta (con l’impianto fotovoltaico e la centrale a biomasse che garantiscono il risparmio di 1.300 tonnellate di Co2 ogni anno). Per ottenere una minore impronta carbonica nelle movimentazioni, inoltre, è stato ridotto anche il peso delle bottiglie della tenuta di Torresella
Carbon free In Canada tutte le bottiglie di Pinot Grigio distribuite sono certificate con un’impronta carbonica pari a zero