Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Mentana: «Referendum, al Paese serve una vittoria del Sì. È una questione di giustizia»
VENEZIA «Si fa una gran confusione tra quel che succede in Catalogna e i prossimi referendum del 22 ottobre in Lombardia e Veneto. Su questi ultimi credo — al di là degli interessi contingenti delle forze politiche — che sarebbe utile per il paese una vittoria del sì». Insomma, anche il direttore del tg di La7, Enrico Mentana, entra nell’agone nostrano. Con un bel post (un bel quantitativo, qui si intende) sulla sua frequentatissima pagina Facebook.
Direttore, alla faccia di chi dice che si tratti di un quesito generico (vedi sopra)... «Opinioni tutte rispettabili. Ma è evidente che questo referendum, che non è dirimente come quello del 4 dicembre 2016, ma è di tendenza, segnala la consapevolezza che esiste la necessità di rivedere certi criteri per le Regioni. Specie nel rapporto con le Regioni frontaliere circostanti che sono quelle che per antichi retaggi godono di condizioni diverse...».
Quindi è una questione di equità? «Sfido a trovare un ragazzo di 25 anni che, in qualunque parte d’Italia, e non per ignoranza, possa affermare di capire le ragioni dell’autonomia o i diversi regimi di ritorno del gettito o cose di questo genere. Non è comprensibile. Un conto era l’Italia uscita dalla guerra, in cui era necessario salvaguardare frontiere, autonomie, bilinguismi. Un conto è l’Italia di oggi che fa parte di un Europa plurilingue in cui tutte queste cose non hanno più senso, in cui la gran parte delle decisioni sull’imposizione fiscale vengono prese fuori dall’italia. Tutto questo ha creato delle condizioni di obiettivo privilegio. E per carità: ben per loro. Ma due sono i casi: o vale per tutti o per nessuno».
E ci voleva questo referendum per capirlo? «Non è più un problema. Ora c’è. Lo dico con chiarezza: ho stima dei governatori di Veneto, Lombardia e dell’Emilia. Le strade che stanno intraprendendo sono diverse (l’Emilia non chiama alle urne, ma tratta con Roma, ndr), ma gli obiettivi sono simili. Se una Regione è ben amministrata e con i conti in equilibrio, ha diritto di non avere condizioni di disparità con quelle territorialmente più vicine».
Dal 23 ottobre cosa cambierà? «Non cambia niente ed è bene che non cambi niente. Non è questa la sostanza del referendum. Cioè non è che c’è un quesito che da diritto immediatamente a un cambiamento formale».
E pensa che a Zaia servirà a qualcosa? «Non mi pare che il governatore abbia il problema della popolarità. E in ogni caso non è che ha detto che se perde se ne va, non c’è una personalizzazione. Visto che si parla di territorialità: Kohl unificò le due Germanie e poi se ne dovette andare. Insomma non è questo il problema».