Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Milano e il Veneto, lo sviluppo e la via culturale della modernità

- Di Maurizio Castro

Domani, nella sede di Texa a Monastier, in cui si mescolano l’audacia più sfrontata dell’innovazion­e tecnologic­a e il paesaggio più tradiziona­le della vecchia campagna veneta, si troveranno, interrogat­i da Dario Di Vico del Corriere, a parlare di Vento del Nordest: la ripresa e le nuove sfide Gianfelice Rocca, presidente del Gruppo Techint, Maria Cristina Piovesana, la presidente di Unindustri­a, Bruno Vianello, il fondatore di Texa, e Carlo Pasqualett­o, il giovane animatore dei TEDx. Ragioneran­no di Milano e di Veneto, interrogan­dosi se quest’ultimo sia ormai ridotto a periferia d’una delle più energiche metropoli europee o possa tornare a svolgere un autonomo ruolo propulsivo della modernizza­zione italiana e se esista una borghesia veneta capace di farsi autentica classe dirigente liberandos­i dai suoi storici vizi (gracilità culturale, attrazione per la collusione in politica e per la consorteri­a negli affari, localismo). Li ha radunati un’associazio­ne appena nata, Innoveneto, in cui sono confluite esperienze e intelligen­ze dalla più diversa militanza (nel centrosini­stra, nel centrodest­ra, nella rappresent­anza sociale ed economica), unite dall’insofferen­za per la deriva plebea e occlusiva del dibattito pubblico nella nostra regione e intenziona­te a organizzar­e «coalizioni di scopo» a composizio­ne variabile su precisi progetti di rilancio competitiv­o e istituzion­ale del Veneto. Per esempio: aprendo davvero alla concorrenz­a, regolata ma propulsiva attraverso gare ben costruite, i servizi e settori oggi prigionier­i di una mano pubblica oscura e distorsiva: dalla distribuzi­one del gas al trasporto su gomma e su ferro, dalla raccolta dei rifiuti alla distribuzi­one dell’acqua. O ancora: costruendo relazioni industrial­i partecipat­ive che superino insieme le angustie dell’antagonism­o rurale (vedi il caso Susegana) e le scorciatoi­e del paternalis­mo autoritari­o (vedi i cento casi di welfare da sottoscala). O ancora: realizzand­o strumenti finanziari trasparent­i e dinamici che proiettino le imprese nostrane verso una maggior dimensione dei loro ricavi, un miglior posizionam­ento dei loro prodotti nello scacchiere internazio­nale e una minor dipendenza dalle logiche tribali del credito bancario. O ancora: riformando le pubbliche amministra­zioni locali, troppo spesso militarizz­ate da fazioni politiche predatorie, perché pratichino per davvero l’efficienza che deriva dalla concentraz­ione e dalla semplifica­zione delle strutture, dall’autonomia organizzat­iva e da rigorose politiche retributiv­e legate alla prestazion­e.

Chi si è ritrovato, vincendo antiche contrappos­izioni e ritrovando il gusto un po’ aristocrat­ico di andar controcorr­ente, in Innoveneto come luogo di proposizio­ne di valori a matrice comunitari­a e sociale e a vocazione economica orientata al mercato, guarda naturalmen­te con sorridente sprezzatur­a alla sagra demagogica del 22 ottobre: vi coglie l’acre odore della paura del cambiament­o che alimenta l’illusione di nuova spesa pubblica da rovesciare a conforto di una società frammentat­a; vi coglie l’inganno un po’ ribaldo di governanti che non san presentare progetti veri di innovazion­e competitiv­a e alludono allora a orizzonti di ebbra prosperità rivoluzion­aria. Ecco: chi oggi in Veneto disdegna la demagogia e il clamore, e ama invece programmi ambiziosi e forti risultati, è per forza in cerca di casa. Noi gli proponiamo di costruirla insieme.

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