Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il lavoro, la terra, il riscatto La scelta dell’arte: gli anni della formazione
I primi disegni di Van Gogh
In una tra le centinaia di lettere all’amato fratello Théo, Vincent van Gogh scrive: «Che cosa è il disegno? Come lo si impara? È lavorare attraverso una muraglia invisibile in ferro che sembra sorgere tra quanto si sente e quanto uno sa fare. Come attraversare quel muro, visto che sbatterci contro è inutile? Bisogna minare subdolamente il muro, scavandovi sotto lentamente e pazientemente». Il disegno, Van Gogh e il lessico dell’anima. La mostra «Van Gogh. Tra il grano e il cielo», curata da Marco Goldin, ripercorre l’intera vicenda artistica del genio olandese, seguendo il filo del pensiero del pittore, il percorso interiore, addentrandosi «con circospezione - sottolinea Goldin - e facendosi aiutare dalle lettere che Vincent inviava, un vero e proprio diario del cuore straziato, in modo particolare a Théo, ma non solo».
Ponendo dapprima l’accento sui cosiddetti anni olandesi - dall’autunno del 1880 nel Borinage (in realtà in Belgio), fino all’autunno del 1885 a conclusione del periodo di Nuenen l’esposizione indaga con una particolare attenzione quegli anni della formazione basilari per decodificare la grammatica del suo universo. Quando, nel dicembre del 1878, arriva a Wasmes, nella regione delle miniere di carbone del Borinage, il giovane Van Gogh è inquieto e introverso.
Ha già cercato di intraprendere vari mestieri, senza successo. Il nonno e il padre sono entrambi pastori protestanti e Vincent ha pensato di diventare anche lui pastore. Dopo un tentativo fallito di frequentare la Facoltà di teologia di Amsterdam, si è iscritto a una scuola di evangelizzazione a Bruxelles ma, troppo distratto per finire il corso, ha scelto di trasferirsi nel «paese nero», dove stanno cercando un predicatorecatechista per una piccola comunità protestante. Una realtà difficile, dove quasi tutti non sanno né leggere né scrivere e lavorano nelle miniere per un salario miserabile.
Al Borinage Van Gogh si sente isolato. Quell’oratore dai capelli rossi, giunto dall’Olanda, non viene compreso dalla gente e, allo scadere, il suo contratto non viene rinnovato. Van Gogh non sa cosa fare della sua vita. Eppure, nella solitudine, comincia a scorgere una nuova possibilità: tradurre in segni le emozioni e i sentimenti. Chiede al fratello di mandargli manuali e riproduzioni delle opere di Millet (il pittore francese che si era dedicato a scene di vita contadina, il cui realismo corrispondeva appieno a quanto ricercato da Van Gogh) per farne delle copie.
Dal momento in cui, nell’estate del 1880, a ventisette anni, comunica in una missiva a Théo, che ha «deciso di diventare un pittore», Vincent inizia a disegnare. Nei primi due anni di attività artistica disegna soltanto (realizzerà oltre mille disegni in dieci anni).
Non si tratta di lavori preparatori ma opere a sé stanti. È dell’ottobre di quello stesso anno Due zappatori (da Millet) (1880, Otterlo, Kröller-Müller Museum, The Netherlands), foglio che apre l’esposizione vicentina. In quest’opera, incerta, c’è già annunciata la sua poetica e visione morale, focalizzata sulla sofferenza, sulla stanchezza, sul lavoro, perché lì ci deve essere il riscatto. Accanto, il dipinto corrispondente, fatto però nel 1889 (Amsterdam, Collection Stedelijk Museum), quando Van Gogh è ospitato nella casa di cura per malattie mentali di SaintPaul-de-Mausole a Saint-Rémy, in Provenza. Questo accostamento - uno dei pochi a porre il confronto tra lavori realizzati a molti anni di distanza l’uno dall’altro, in quanto la rassegna segue la cronologia - mostra come l’autore abbia spesso ripreso gli stessi temi: il campo di patate, il seminatore, i paesaggi, la grande epopea degli umili e il mondo della fatica, le nature morte, in un excursus dal segno al colore, che sfocerà infine nella dimensione cosmica della natura.
Nei primi «timidi» disegni emerge il bisogno di imparare una lingua. Dopo una breve parentesi a Bruxelles, nell’aprile 1881 Vincent si trasferisce dai genitori a Etten. Van Gogh ritrae la famiglia, i mestieri. Tutti provenienti dal Kröller-Müller Museum e compiuti nel 1881, tra luglio e novembre, ecco la sorella del maestro nel Ritratto di Willemina Jacoba («Willemien») van Gogh e poi il Falegname, l’Uomo con il setaccio, l’Uomo con la scopa, l’Angolo di giardino e, ancora, versioni dello Zappatore e del Seminatore.
Usa come modello Piet Kaufmann, il giardiniere di casa Van Gogh, nell’Uomo che interra una piantina e Ragazzo con falcetto. Le figure pian piano diventano meno rigide nei tratti e addolcite da un leggero grigio acquarellato. Nella serie delle cucitrici alla finestra - che si rifanno a Jozef Israel, autore di cui Van Gogh ammirava i soggetti e la tavolozza, presente in mostra con Giovane donna che cuce, (1880 circa, L’Aia, Collection Gemeentemuseum, The Hague) - e nelle scene d’interno con uomini e donne accanto al focolare si affaccia il colore. Ci sono pure i primi paesaggi, tra cui Stradina con salici potati: «Se si disegna un salice come fosse un essere vivente, cosa che dopotutto è» scrive a Théo «tutto il resto viene con facilità. Basta concentrare l’attenzione su quell’unico albero finché si riesce a infondergli la vita».