Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Franzoso, il veneziano che denunciò le Ferrovie Nord
C’è chi l’ha chiamato «eroe», chi «gola profonda». Ma Andrea Franzoso, 40 anni, veneziano, si definisce solo «un cittadino che ha fatto una cosa normale». Nel 2015 quando era dipendente di Ferrovie Nord ha denunciato il presidente dell’ente, Norberto Achille, accusandolo di aver utilizzato denaro pubblico per fini personali. Ha raccolto prove, registrato conversazioni e ha presentato un esposto ai carabinieri. Scoperchiando un «cerchio magico» di potere, soldi, corruzione, da lì è partita un’inchiesta giudiziaria per peculato e truffa aggravata. Achille è stato rinviato a giudizio, a breve il processo arriverà a sentenza. Per lui sono stati chiesti quasi tre anni di carcere. E con lui sono «caduti» i suoi fedelissimi, tra cui Carlo Alberto Belloni. I soldi contestati ad Achille? Quasi 500mila euro di fondi pubblici per shopping, vacanze, auto e costosi regali a politici. Gesto coraggioso la denuncia di Franzoso, di cui però ha pagato le conseguenze: prima il vuoto intorno a lui, poi la perdita del lavoro.
Questa storia adesso è diventata un libro, Il Disobbediente. C’è un prezzo da pagare se non si vuole avere un prezzo (PaperFirst editore, 163 pagine,12 euro), in cui Franzoso narra i retroscena del caso, la vicenda umana e i motivi della sua scelta.
Ha denunciato un sistema e un presidente considerato intoccabile. Perchè l’ha fatto?
«Ho fatto qualcosa che in teoria dovrebbe essere la normalità. Mi arrabbio se mi chiamano eroe, non lo sono, non abbiamo bisogno di eroi, ma di persone per bene. E’ nella quotidianità che si misura il valore delle persone. Il mio gesto dovrebbe essere quello che fanno tutti quelli che si accorgono di abusi o ingiustizie. La domanda che mi sono fatto all’epoca è stata: salvo la mia carriera o la mia coscienza? Ho salvato la mia coscienza e ora vivo felice. E pazienza se ho perso il lavoro. Lamentarsi ma non agire non cambia le cose. Non ho mai voluto diventare un personaggio, tanto che per molto tempo ho rifiutato interviste».
Adesso è uscito il libro, è un modo per dare coraggio anche ad altri testimoni di ingiustizie?
«Quando lo scandalo di Ferrovie è diventato pubblico ed è uscito il nome di chi aveva denunciato, cioè il mio, in tanti, migliaia, mi hanno scritto esortandomi a non lasciare di-
menticare questa storia. Con il libro voglio consegnarla ad altri, dare coraggio, fare scoccare la scintilla del cambiamento, che dipende da ognuno di noi. Poi si vive felici». Con tutto quello che ha
passato, lo rifarebbe?
«Sì, lo rifarei mille volte, non ho nessun dubbio. Per me era importante farlo mettendoci la
faccia, non in modo anonimo. Anche se ho pagato un prezzo. Non so cosa succederà in futuro, sono curioso, ma sono sicuro che qualcosa di buono ne uscirà. Per il momento sto apprezzando il viaggio...» Il suo gesto l’ha portata ad
avere un grandissimo seguito, si darà alla politica?
«Non mi farò strumentalizzare da nessun partito politico, lo troverei davvero moralmente scorretto» Ha provato empatia per le
persone che ha fatto condannare? «Mi è dispiaciuto. Umanamente ho provato compassione, questo sì. Sono persone di grandi capacità, che hanno
sprecato la loro vita per inseguire potere e ricchezza. Penso che in fondo in ciascuno di loro ci sia la nostalgia di avere voluto essere una persona diversa...»
Essere Veneto e con salde radici nel territorio, come ha inciso nel suo carattere?
«Del Veneto porto con me un forte senso del dovere, l’impegno e il senso pratico. Mi piace fare le cose bene e con correttezza: in 20 anni di lavoro non ho mai fatto un giorno di malattia...»