Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Priviero canta per Valeria Solesin e i giovani in fuga

Esce «All’Italia» di Priviero, storie di chi ha lasciato il nostro Paese

- Francesco Verni

Un viaggio dal Novecento all’oggi seguendo le orme di chi, il proprio Paese, l’ha dovuto abbandonar­e. «All’Italia» è il nuovo concept-album di Massimo Priviero, uno che dagli anni Ottanta segue la strada impervia del rock d’autore. Il cantautore di Jesolo domenica farà ascoltare il disco e tante altre canzoni all’Alcatraz, tempio del rock di Milano (ore 21.30, info www.priviero.com).

Come è nata l’idea di un album sugli emigrati italiani?

«Durante il precedente tour scrissi Villa Regina. Mio nonno mi raccontava di questo suo amico fraterno che, dopo aver combattuto sul Piave, negli anni Venti partì per l’Argentina. Poi mi sono reso conto che di storie così ce ne erano tante e le ho scritte in succession­e storica, di decennio in decennio, fino all’oggi. Volevo fermare su musica questo filo rosso che unisce i migranti di ieri e i ragazzi di oggi che, come mio figlio, vanno all’estero per avere una fortuna migliore. Mi sono messo a fare il cantastori­e, a guardare fuori dalla finestra con una chitarra e un blocco di carta». C’è tanto Veneto nelle storie che canta «Molte storie partono dal Nord Est, visto che volevo raccontare di quello che ho sentito o visto: da Fiume a Friuli ‘76, da Aquitania fino a Villa Regina e Basso Piave. Anche per chi va via oggi è uguale, le condizioni sono diverse ma si cercano nuove opportunit­à: i ragazzi che partono hanno forza e coraggio».

In «Rinascimen­to» canta «Hanno sparato in mezzo agli occhi a questa Italia mia».

«In Italia siamo proprio impantanat­i. Mi sento profondame­nte italiano ma è evidente che i tempi che stiamo vivendo siano orribili».

«Bataclan» è dedicata a Valeria Solesin, vittima dell’attentato di Parigi?

«È un dialogo che mi sono immaginato tra Valeria e sua mamma, è una carezza reciproca tra madre e figlia. Valeria è l’esempio di chi è capace di mettersi in gioco, sono le persone migliori che possono esistere. Non c’è il dramma nella canzone, perché un certo modo di stare al mondo non finisce mai, quello che queste persone seminano continua a sbocciare». Ha contattato la famiglia Solesin? «Ho spedito l’album l’altro ieri, spero di sentirli, ma non voglio certo essere invadente».

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