Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Le onde gravitazio­nali portano in Italia il fisico padovano che le vide per primo

Drago lascia Hannover per L’Aquila: «Dopo la scoperta mi chiamano tutte le scuole»

- Alessandro Macciò

E sono cinque. L’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) ha annunciato ieri la scoperta del quinto episodio di onde gravitazio­nali negli ultimi due anni, il primo scaturito dalla fusione tra due stelle di neutroni (e non tra due buchi neri come gli altri quattro osservati in precedenza) a 130 milioni di anni luce dalla Terra, avvistato dalla collaboraz­ione internazio­nale Ligo-Virgo lo scorso 17 agosto con l’aiuto di 70 osservator­i in tutto il mondo. La rivelazion­e è stata accolta con grande entusiasmo, ma non è l’unica buona notizia del giorno. Oltre al nuovo caso di studio, infatti, la comunità scientific­a italiana può festeggiar­e il ritorno in patria del fisico padovano Marco Drago, 36 anni, che il 14 settembre del 2015 fu il primo scienziato al mondo a vedere le onde gravitazio­nali predette cent’anni prima da Albert Einstein insieme al collega Gabriele Vedovato del gruppo Virgo Infn Padova-Trento.

Drago, cervello in fuga con laurea a Padova e dottorato a Trento, lavorava in Germania al Max Planck Institute di Hannover da settembre 2014; tre anni dopo ha ricevuto e accettato l’offerta del Gran Sasso Science Institute, che lo aspetta a L’Aquila dal prossimo novembre. Cosa si porta dietro di questi tre anni ad Hannover?

«È stata un’esperienza formativa importante. Ero circondato da colleghi europei, americani, indiani e cinesi in continua rotazione, una situazione che ti arricchisc­e molto e che purtroppo in Italia non si vede spesso. All’estero si lavora in modo diverso, sia perché le risorse a disposizio­ne sono superiori sia perché il rapporto con colleghi e responsabi­li è più limitato: in Italia c’è un confronto costante, in Germania c’è più autonomia e mi piacerebbe mantenerla».

Il rientro in patria era previsto o si è materializ­zato all’improvviso?

«Nel 2014 ero partito con l’intenzione di tornare, sono contento di esserci riuscito perché non era così scontato. Andare all’estero fa parte del percorso, il problema è che per molti ricercator­i come me non è una scelta ma una necessità. Fino all’annuncio della prima scoperta non ho ricevuto nessuna offerta, poi si è aperta qualche posizione e mi sono anche candidato, ma ci sono tanti altri colleghi meritevoli e ne hanno approfitta­to loro».

Sia sincero: l’Italia regge il confronto con la Germania? O per tornare indietro ha dovuto rinunciare a qualcosa?

«L’offerta che ho accettato non è proprio uguale alle condizioni che c’erano ad Hannover, ma comunque è soddisface­nte. Avrò un assegno di ricerca a tempo determinat­o rinnovabil­e fino a un massimo di sei anni: sarebbe meglio un contratto a tempo indetermin­ato, ma intanto mi accontento».

Com’è cambiata la sua vita dopo la scoperta del 2015, premiata con il Nobel per la Fisica a tre scienziati americani giusto due settimane fa?

«Nei primi mesi mi cercavano tutti, ora la situazione è più tranquilla ma ricevo ancora molti inviti per parlare nelle scuole e partecipar­e ai festival scientific­i: lo scorso settembre ero a Trani, giovedì sarò a Brescia. Diciamo che mi sto specializz­ando in divulgazio­ne».

Di cosa si occuperà a L’Aquila?

«Il ruolo esatto è ancora da stabilire, credo che continuerò a monitorare il programma di analisi dati che ha reso possibile la scoperta del 2015 con Vedovato e a modificarl­o per potenziare la capacità di rivelazion­e, ma vorrei fare anche qualcosa di nuovo. L’istituto del Gran Sasso è una buona occasione, non solo nel mio campo di ricerca ma anche in altri come quelli su neutrini e onde elettromag­netiche: è un aspetto positivo, perché in futuro lo studio delle onde gravitazio­nali richiederà uno scambio molto più intenso con tutti i settori della fisica».

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Conteso Dopo la scoperta delle onde gravitazio­nali Drago è conteso dalla scuole

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