Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Sparò e uccise il barista nella rapina Chiesti 25 anni per il carabiniere
Antonio Piombo era barista in stazione a Padova. Pm: «Alla complice del militare 19 anni»
Venticinque anni di condanna, più otto mesi di arresto, per il maresciallo dei carabinieri (sospeso) della Compagnia di Cento Salvatore Ciammaichella, 46 anni ed attualmente in carcere a Verona. Diciannove e mezzo per la sua ex compagna Monia Desole, 43enne di Cento (Ferrara) ed incarcerata a Venezia.
Queste le richieste di condanna di ieri mattina, in udienza preliminare con rito abbreviato davanti al giudice Pietro Mondaini, a carico dei due imputati dell’omicidio, avvenuto il 27 maggio 2016 a Garofolo di Canaro, del 60enne di Ceregnano Antonio Piombo, che lavorava in stazione a Padova. I due imputati erano in aula così come il fratello della vittima, Agostino Piombo, costituito parte offesa con l’avvocato Alessandra Labia che ha chiesto 600.000 euro di risarcimento danni. L’accusa ha diversificato le due posizioni dato che Ciammaichella (avvocati Virginia Falbi e Luigi Pesce) è accusato di aver sparato i due colpi di Mauser calibro 7.65 al busto e al viso di Piombo nella strada arginale lungo il Po a fine maggio dello scorso anno. Ma con la Desole (avvocato Lorenza Munari) non ha fatto sconti, chiedendo 18 anni per il concorso morale nell’omicidio e 18 mesi per l’abbandono della figlia minore. Per Ciammaichella, invece, la richiesta è stata di 24 anni per omicidio volontario oltre ad un anno per abbandono di minore.
Questo punto, ovvero la presenza della figlia della Desole sul luogo dell’omicidio, è stato ampiamente dibattuto ieri mattina durante l’udienza. L’accusa ha sostenuto che la figlia dell’imputata – all’epoca di sette anni - fosse in auto con la madre e con Ciammaichella al momento del delitto e da qui la richiesta di condanna per entrambi di abbandono di minore oltre all’aggravante per la presenza della bambina. Una ricostruzione molto contestata dalle difese, che hanno ricordato come il giudice per le indagini preliminari Alessandra Martinelli nella sua ordinanza di custodia cautelare in carcere per i due imputati del giugno 2016 non avesse riconosciuto l’aggravante della presenza della figlia della Desole quando avvenne l’omicidio. Il Gip Martinelli aveva sostenuto che non era affatto sicuro che la notte del 27 maggio 2016 sull’argine del Po a Canaro ci fosse anche la bambina. Per il giudice le dichiarazioni rese dalla minore ai carabinieri del comando provinciale di Rovigo non erano così concrete da non poter essere considerate una fantasia. Ampiamente dibattuto anche il presunto movente del delitto, ovvero la rapina. Per la difesa di Ciammaichella non c’era alcuna volontà da parte dei due imputati di rapinare la vittima, ma si sarebbe trattato di un incidente dagli esiti tragici.
Poco dopo il delitto, avvenuto attorno all’una di notte del 27 maggio, Ciammaichella viene immortalato dalle telecamere a Guarda Veneta mentre scende dalla Punto di Piombo. A seguirlo lungo tutto il tragitto, la Peugeot 307 cabrio a lui intestata e guidata dalla Desole. Nessuno dei due arrestati ha chiamato i soccorsi dopo i due spari di Mauser semiautomatica calibro 7,65 al busto e al viso di Piombo. Il maresciallo in servizio a Cento risulta aver chiesto informazioni in un’armeria a Mirandola (Modena) per vendere una pistola. Un fatto avvenuto poco prima che i due vengano fermati dai carabinieri a Canaro il pomeriggio del 4 giugno 2016, una settimana dopo il delitto. Un altro indizio di colpevolezza riguarda l’interessamento di Ciammaichella di voler dipingere di bianco la sua Peugeot grigia, e la richiesta di informazioni a una collega delle forze dell’ordine per avere dei passaporti per andare in vacanza in Messico. Sullo sfondo, una situazione debitoria molto pesante causata dal divorzio di Salvatore Ciammaichella dall’ormai ex moglie e dal mantenimento di due figli. La sentenza è attesa per il 28 novembre.