Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Incompatibilità, Berno: «Pronto a pagare il Tar»
Un passo indietro di quasi tre anni. La vicenda della presunta incompatibilità dell’assessore Andrea Micalizzi e soprattutto del capogruppo del Pd Gianni Berno, denunciata l’altra sera in consiglio comunale dall’ex assessore Matteo Cavatton (oggi capogruppo di Bitonci Sindaco), risale infatti a dicembre 2014. All’epoca, Micalizzi e Berno erano due consiglieri d’opposizione e, supportati dall’avvocato Giuseppe Farina (nominato a luglio scorso presidente di Aps Holding dal sindaco Sergio Giordani), presentarono un ricorso al Tar contro la delibera di giunta con cui l’allora primo cittadino Massimo Bitonci intendeva dare vita ai Comitati di quartiere. Secondo i due democratici, quella delibera era illegittima perché, a loro avviso, il compito di istituire gli organismi in questione spettava al parlamentino di Palazzo Moroni e non invece alla giunta. Sette mesi dopo però, a luglio 2015, il Tar respinse il ricorso e condannò Micalizzi e Berno al pagamento delle spese processuali quantificate in 3.172 euro a testa. Ma i due, ad aprile 2016, non si diedero per vinti e fecero appello al Consiglio di Stato che, a distanza di un anno e mezzo, deve ancora pronunciarsi nel merito. «Micalizzi e Berno – continua a ripetere Cavatton – sono stati sollecitati più volte a risarcire delle spese processuali il Comune con cui sono in causa. Ma, finora, non l’hanno ancora fatto. Inoltre, in base al Testo unico degli enti locali, Berno è incompatibile con il ruolo che ricopre in aula visto che la sua è una carica elettiva, a differenza di quella di Micalizzi che è invece fiduciaria». Ma la replica del capogruppo del Pd non si fa attendere: «L’unico obiettivo di Cavatton è quello di sollevare polveroni sul nulla, screditando così i suoi avversari politici. A proposito della mia presunta incompatibilità – evidenzia Berno – la Cassazione afferma che, se il contenzioso è connesso allo status di consigliere, non sussiste nessuna causa di incompatibilità. Detto questo, senza rinunciare all’appello in Consiglio di Stato, sono disponibile a pagare il dovuto». (d.d’a.)