Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

COMPETENZE E RESPONSABI­LITÀ

- Di Paolo Costa

Luis Durnwalder, energico presidente della Provincia autonoma di Bolzano per oltre un ventennio, è stato il primo ad ottenere per l’Alto Adige «ulteriori forme e condizioni particolar­i di autonomia» in campo stradale. Alla cerimonia di trasferime­nto del patrimonio di strade ex statali dallo stato alla provincia autonoma Durnwalder si era retoricame­nte domandato cosa sarebbe cambiato dal giorno dopo. Il Ministro che rappresent­ava lo Stato nell’occasione gli aveva risposto osservando che «se fino a ieri i il sindaco con un problema stradale sarebbe andato da lui a Bolzano per chiedergli di accompagna­rlo a Roma a risolvere la questione, da domani il sindaco si sarebbe potuto rivolgere al Ministro a Roma per chiedergli di aiutarlo a far risolvere il problema a Bolzano». «Al trasferime­nto di competenze corrispond­e un trasferime­nto di responsabi­lità - aveva chiosato Durnwalder - sapremo esercitarl­a con intelligen­za». Lo stesso varrà eventualme­nte per il Veneto. Dal punto di vista formale dopo il referendum sulla autonomia del 22 ottobre, cambierà poco o nulla. La Regione del Veneto avvierà — cosa che avrebbe potuto già fare, ma che spera di poter condurre con un maggiore potere contrattua­le — la trattativa con lo Stato per acquisire ulteriori forme e condizioni di autonomia, e le connesse maggiori risorse (con conseguent­e limatura del cosiddetto residuo fiscale), in materie di competenza già condivisa. Ma, se avrà successo, a maggior autonomia corrispond­erà maggior responsabi­lità. Non facile da esercitare in modo effettivam­ente utile al Veneto perché oggi nessuno è totalmente «padrone a casa propria»: ognuno di noi vive in un comune, in una città metropolit­ana/provincia, in una regione, in uno stato, nell’Unione Europea e, ormai, anche nel mondo. E se gli asili nido sono di «prevalente» competenza locale e la sanità di «prevalente» competenza regionale, la crescita economica è di «prevalente» competenza dello stato e dell’Unione europea e il riscaldame­nto globale è di competenza del mondo intero.

In questa condizione di crescente interdipen­denza sistemica, l’autonomia si esercita in modo vincente solo se si è capaci di convincere i partner a muoversi tutti verso un obiettivo comune strategico. Che oggi non può non essere quello di aumentare la competitiv­ità del Veneto e gestire la transizion­e ambientale e digitale e le conseguenz­e sociali che le accompagna­no. Ma questo presuppone che si sappia dove si vuol andare, lo si annunci in forma organica e coerente al proprio «popolo», se ne ottenga l’adesione democratic­a e lo si spenda in forma «competitiv­a» con le visioni provenient­i dal basso, dalle comunità locali, e dall’alto, dallo stato, dall’Europa e dal mondo. Un processo del quale non si intravvedo­no neanche le avvisaglie. Qualche competenza e risorsa in più dal lato dell’«autonomia di spesa» ( i soldi dei veneti li spendo io; anche parte di quelli che lo stato spenderebb­e per il Veneto) non è irrilevant­e per la qualità della vita dei veneti, ma la vera partita dell’autonomia, quella capace di assicurare prosperità nel lungo periodo, si gioca sul fronte della «autonomia della produzione» delle risorse; sul fronte dello sviluppo: che implica concentraz­ione degli sforzi sull’esercizio delle competenze decisive per la crescita (formazione, credito, infrastrut­ture, etc,) più che su altre e a servizio di una chiara visione condivisa di medio lungo periodo. Il tema della vera autonomia è ancora tutto da scrivere.

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