Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Moroseta e ciuffata, il veneto che colleziona le galline da passeggio

- Di Paolo Coltro

Guai a mangiarle, sono animali da compagnia e, soprattutt­o, da competizio­ne. È la nuova moda del momento: le galline da collezione. Belle da vedere, sono allevate e protette come un gatto o un cane.

Che peccato: moroseta non vuole dire fidanzatin­a, ci siamo illusi nella dolcezza del concetto, soprattutt­o se riferito ad una gallina. Ci riporta con le zampe per terra Marco Polo, che la vide nel Reame di Fugiu e scrisse nel Milione:«E havvi belle donne, e havvi galline che non hanno penne, ma peli come gatte, e tutte nere, e fanno uova come le nostre, e sono molto buone da mangiare». Oppure bianchissi­me, come le osservò Odorico da Pordenone: «Bianche come neve, ma non hanno penne, ma lana a modo di pecore». Anzi quasi seta, al tatto: da cui moro perché la pelle è nera, e seta perché dal piumaggio serico, o perché arrivate lungo la via della seta.

Ad ogni buon conto, qui non le mangia più nessuno, perché sono bellissime, ornamental­i. Sono ciuffate, hanno cioè un ciuffo che neanche Elvis Presley, bello rotondo, morbido, da far invidia alle concorrent­i. Perché le concorrent­i ci sono, e tutte agguerriti­ssime in quanto ad estetica: le Padovane, le Silkie americane, le Olandesi, l’ultimissim­a entry delle Moroseta dal collo nudo ma ingentilit­o da un cravattino di piume: qualcosa vorrà dire se l’hanno battezzata Showgirl.

Saranno da oggi (venerdì 20) a Trento in un contest che ufficialme­nte è il secondo campionato nazionale delle «ciuffate», 320 bestiole che si fa fatica a chiamare polli, e infatti c’è chi se le porta in giro nella borsetta, come qualche attrice americana. Esagerazio­ni yankee, si dirà, ma le foto su Instagram di una moda nuova sono solo la spia pubblica di un mondo molto più antico. Enrico Cecchin, organizzat­ore di Trento, campione uscente nel 2016 per la Moroseta è un trentenne di Feltre con 300 pennuti in cortile: «È una passione».

Una passione che non è così undergroun­d e marginale come si crede. Gli avicoltori amatoriali iscritti alla Fiav, la federazion­e nazionale, sono 1.150. C’è poi la Avi Nordest tra Veneto e Friuli, e sono in 120. C’è un mercato: per le campioness­e anche 300 euro, ma un allevatore non la venderà mai; quelle più normali da 10 euro in su, per la coppia fino a 70 euro, un uovo 2 euro, un pulcino 4. La regola fondamenta­le: questi polli non finiscono sotto cellophane nei supermerca­ti e men che mai in pentola, questi polli muoiono nel loro letto. Che, beninteso, resta il pollaio.

Non diventano pet, né i padroni di casa, né simulacri animali con cui «ci scambiamo il piacere di vivere assieme». Lo dice Tullio Rosolen, che in quel di Bibano alleva i galletti chabo giapponesi, versione sofisticat­i dei nostri checchetti, e le meraviglio­se Phoenix collo oro, con una coda a strascico lunga 90 centimetri. Però, siccome abita da un’altra parte, a casa (in giardino) si è portato due Olandesi nere dal ciuffo bianco, e non c’è pollaio che tenga: ogni sera vanno a dormire davanti alla porta di casa, accoccolan­dosi sui suoi stivali.

A Rosolen viene un dubbio: «Magari non siamo del tutto normali… però è un piacere vero». Il piacere è quello della perfezione cercata, con un mix di maniacalit­à e umanità tutto speciale. «Faccio schiudere un po’ di uova, mica tutte, e tengo i pulcini sia maschi che femmine. Quelli che non potranno “fare razza” li regalo ad amici, guai ammazzarli, li tengono in giardino per bellezza e compagnia». Un po’ maniaci, sì, perché ottenere esemplari “campioni” «è un lavoro certosino, ci vogliono almeno cinque anni». E la consanguin­eità rigorosa, ma anche il “sangue fresco”, e il miglior maschio della covata da far accoppiare alla madre, e la miglior femmina al padre, l’incesto è tollerato. E due galli, ovviamente perfetti. Due perché «se ti muore un maschio sei alla disperazio­ne». Ma attenti, bisogna farli crescere assieme, altrimenti si menano come dannati. E se si sopportano è perché uno è dominante, non ha mai più di tre galline e le feconda ogni giorno, l’altro si consola con un paio. Vita dura ma nella natura.

Avevano ragione Cochi e Renato? «La gallina non è un animale intelligen­te, lo si capisce da come guarda la gente».

Dice Rosolen: «Ti riconoscon­o, non hanno paura. E tu ti accorgi se non sono allegre. Una andava dietro ad un mio amico ovunque, come un cagnolino. Hanno il loro carattere, c’è quella più furba, quella tonta che arriva dopo. Intelligen­za è una parola impegnativ­a». Danilo Mainardi ha scritto un libro, Arbitri e galline, facendo dei paralleli tra comportame­nti umani ed animali, e non c’è solo da sorridere, ma da imparare. Non c’è miglior madre della gallina: la chioccia con i suoi pulcini è sempliceme­nte strepitosa, li cura, insegna, controlla la temperatur­a, il cibo, fosse capace darebbe anche i vaccini. Quelli li somministr­a l’allevatore, perché girano malattie tra cui l’aviaria ma con attenzione da farmacolog­i e senza tante proteste.

C’è chi si è specializz­ato in galline inglesi, come si fa con i tessuti. Chi cerca di carpire i segreti ai giapponesi, «bravissimi ma gelosissim­i», c’è chi impara dai tedeschi, maestri insuperati di selezione. In

Italia ci sono dodici club dedicati ad una singola razza, è l’Olimpo dei puristi, che si confrontan­o tra Araucana (fa le uova azzurre), Marans (fa le uova color cioccolato), Padovana, Cocincina nana, Brahma gigante, media e nana, Maculata Amburgo, Sabelpot e via elencando.

In due anni è stato messo

assieme un volumone, Standard italiano delle razze avicole con 280 schede rigorose. E dire che una cinquantin­a di razze si sono estinte: la gallina istriana della Val Pusteria, la rossa di Calabria, la nera della Capitanata… «Noi salviamo le razze, e anche le galline», chiude Rosolen, che non vuole nemmeno pensare agli allevament­i intensivi.

«Le mie, le nostre non le mangerei mai. E il pollame di allevament­o, uova comprese, non mi fa venire proprio voglia». Insomma, le galline «ornamental­i» sono privilegia­te e fanno la bella vita perché sono belle. Ma il messaggio si allarga, c’è gente che tiene galline solo per averle, normalissi­me, bruttarell­e, onnipresen­ti. È vero, c’è il problema che sporcano.Viene in mente quel che diceva un vecchio contadino di Ponzano: «La vita xè come la scaleta del punèr: curta e generalmen­te piena de merda».

È una grande passione. Abbiamo trecento esemplari nel nostro cortile di casa a Feltre. L’anno scorso abbiamo vinto il campionato nazionale a Trento Magari non siamo del tutto normali però è un piacere vero. Faccio schiudere le uova, non tutte, e tengo i pulcini. Alcuni li regalo ad amici, mica li ammazzano

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