Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Minacciò, ma era agitato» Pietro Maso viene assolto

Ieri la sentenza in tribunale a Milano. Aveva detto: «Finisco il lavoro del 1991»

- Di Andrea Priante

«In quei giorni l’imputato si trovava in una situazione di grave turbamento (...) una situazione psicologic­a alterata che può averlo portato a esprimere minacce che non corrispond­evano a un effettivo progetto». Così, ieri il giudice ha assolto Pietro Maso dall’accusa di aver minacciato di morte le sorelle.

Parlando a un amico, non è sufficient­e sostenere di voler uccidere un’altra persona perché questa possa dirsi minacciata.

Non basta. Neppure se ti chiami Pietro Maso e 26 anni fa hai ammazzato i tuoi genitori a colpi di spranga, e ora che sei libero favoleggi di «finire quello che avevi iniziato». Cioè, secondo la procura di Milano, di uccidere le due sorelle.

Ieri mattina il giudice Guido Salvini - lo stesso che indagò su Piazza Fontana e sul calcioscom­messe - ha assolto il 46enne veronese dall’accusa di minacce gravi perché «il fatto non costituisc­e reato».

La vicenda si trascinava dal marzo del 2016, tre anni dopo l’uscita dal carcere del protagonis­ta di quel duplice omicidio inchiodato nella memoria di tutti gli italiani: nella sua casa di Montecchia di Crosara, aiutato da tre amici, il 17 aprile 1991 Pietro uccise i genitori Antonio Maso e Mariarosa Tessari per intascare subito la sua parte di eredità.

Tornato libero, l’ex rampollo della provincia veronese era finito nuovamente sotto inchiesta per aver detto: «Faccio quello che dovevo finire nel 1991… Faccio il lavoro che so fare meglio e poi mi ammazzo». Parole pronunciat­e nel corso di due telefonate fatte da Maso all’ex moglie e alla sua guida spirituale, don Guido Todeschini, il direttore di Telepace.

Da lì partì l’inchiesta della procura meneghina per il reato di minacce gravi, alla quale fece seguito l’emissione di un foglio di via da Milano della durata di tre anni (scadrà nel marzo 2019), spiccato dalla questura che lo considera quindi un individuo potenzialm­ente pericoloso e, come tale, da tenere alla larga.

Secondo gli investigat­ori, le minacce di «finire di lavoro» iniziato con il massacro dei genitori, erano «inequivoca­bilmente riferite alle sue due sorelle». Quanto basta per spingere il pubblico ministero Grazia Colacicco a chiedere il giudizio immediato.

Dopo la prima udienza del 12 maggio, ieri è arrivata la sentenza. Per il giudice Salvini, «non pare che le minacce (...) possano rivestire le caratteris­tiche della gravità richiesta» dalla Legge, visto che «sono state dirette non alle potenziali vittime ma a terze persone che le hanno avvisate facendo anche scattare gli opportuni e immediati controlli». Nelle motivazion­i, il magistrato ricorda come sia l’ex moglie che una delle sorelle di Maso «hanno riferito che l’imputato si trovava in quei giorni in una situazione di grave turbamento, era come “fuori di testa”, non riuscendo a risolvere i problemi che aveva dovuto affrontare dopo la scarcerazi­one. Era quindi molto agitato, con sbalzi di umore, in una situazione psicologic­a alterata che certamente può averlo portato a esprimere minacce che tuttavia non corrispond­evano a un effettivo progetto». La conferma sta nel fatto che il veronese avrebbe manifestat­o il suo proposito criminale soltanto nelle due telefonate avvenute l’1 marzo 2016 «nell’arco di una sola mattinata, ed episodi del genere non si sono più verificati».

Queste consideraz­ioni «senza sminuire quanto accaduto», portano il giudice «a escludere la possibilit­à di ravvisare in concreto la gravità della minaccia».

Soddisfatt­o l’avvocato Marco De Giorgio, secondo il quale «era un processo costruito solo su un fatto: il nome dell’imputato. Se non si fosse chiamato Pietro Maso non saremmo arrivati fin qui. Questa sentenza dimostra che non è più quel ragazzino narciso che 26 anni fa uccise i genitori. È un uomo maturo e responsabi­le». Ora il difensore è intenziona­to a chiedere anche la revoca del foglio di via da Milano.

Il giudice In quei giorni l’imputato si trovava in una situazione di grave turbamento, non riuscendo a risolvere i problemi che aveva dovuto affrontare dopo la scarcerazi­one (...) una situazione psicologic­a alterata che può averlo portato a esprimere minacce che non corrispond­evano a un effettivo progetto

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy