Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La galassia venetista tra il «sì» scettico e irriducibi­li secessioni­sti

- Bonet

Piuttosto di niente, meglio piuttosto. Gli indipenden­tisti veneti, ispirati dalle recenti vicende catalane, si avvicinano al referendum autonomist­a di domani tradendo un po’ di rassegnazi­one da un lato, e dando prova capacità di adattament­o dall’altro, della serie: questo passa al convento e chi si accontenta - per ora - gode. Non parliamo di quattro gatti: alle Regionali del 2015 le liste riconducib­ili a questa variegata galassia hanno colleziona­to complessiv­amente 116 mila voti (6 mila in più di Forza Italia) e solo per la frammentaz­ione dovuta alla proverbial­e litigiosit­à dei suoi protagonis­ti alla fine ne è risultato eletto un consiglier­e soltanto.

La speranza, diffusa, è che quello di domani sia solo il primo gradino di una scala che può culminare con la secessione, nonostante Roma, lo Stato Italiano e finanche la Lega, che pare aver cambiato idea rispetto ai tempi che furono e ormai ogni giorno, dal leader Matteo Salvini al capogruppo in Regione Nicola Finco, ribadisce che l’indipenden­za «è una questione ormai archiviata» (il governator­e Luca Zaia, invece, balla sul filo e da più parti viene accusato di ambiguità mentre in consiglio regionale risultano ancora depositate tre diverse proposte di legge indipenden­tiste, una delle quali firmata dal presidente dell’assemblea Roberto Ciambetti).

Alessio Morosin, alfiere di Indipenden­za Veneta, non si fa illusioni: «Appoggiamo il referendum con l’assoluta convinzion­e che non porterà a nulla perché lo Stato Italiano è inaffidabi­le, e questo a prescinder­e da chi vincerà le prossime elezioni: cambia l’etichetta, ma la marmellata nel vasetto è sempre quella. Tra un anno saremo alle stesso punto e allora ci si renderà conto che è il momento di agire. Nell’attesa, il referendum resta un allenament­o importante di libertà e democrazia, perché come insegna la Catalogna, la volontà del popolo non si arresta». Il consiglier­e regionale di Siamo Veneto Antonio Guadagnini è da tempo in campo per il Sì («Il referendum ha un grandissim­o valore simbolico, ci porterà ad assaporare in misura sempre più accattivan­te l’irresistib­ile profumo della libertà») e Luca Azzano Cantarutti di Grande Nord avverte Zaia: «Non saranno tollerate meline o giochi di palazzo, con una massiccia vittoria del Sì, il governator­e avrà dietro di sé una forza popolare straordina­ria, che lo sosterrà nei confronti di Roma ma che pretenderà risultati concreti» e sempre da Grande Nord Roberto Agirmo, titolare dell’agenzia di viaggi veneziana che da lunedì praticherà sconti a chi dimostrerà di essere andato a votare, minaccia perfino esposti in procura contro chi sta facendo propaganda per l’astensione: «Gli estremi legali ci sono». Ripone tutta la sua fiducia in Zaia («Per l’ennesima volta») anche Luca Peroni, uno dei Serenissim­i che nel 1997 assaltò il Campanile di San Marco: «Vorremmo facesse come Milan Kucan, che nel 1991 portò la Slovenia a staccarsi da Belgrado». Più scettico un altro ex Serenissim­o, Flavio Contin («A Roma sono dei delinquent­i ma non sono

cretini, non molleranno, e Zaia sarà costretto ad andare a trattare. Vedremo...») così come Lucio Chiavegato, sotto processo a Brescia insieme proprio a Contin per l’inchiesta sui «Serenissim­i 2.0» del 2014: «Il referendum va bene ma la trattativa con lo Stato sarà un processo di anni, non di mesi. Subito non cambierà niente. Se fossero furbi, a Roma, ci darebbero le briciole, e molti si accontente­rebbero».

Ma ci sono pure gli irriducibi­li, quelli che proprio non ci credono e tirano dritti per la loro strada. Come Gianluca Busato, che nel 2015 provò ad allestire un «plebiscito digitale» dalla fragilissi­ma attendibil­ità: «Si conclude una ridicola campagna referendar­ia, domani si voterà per una pagliaccia­ta che ha l’unico scopo di distrarci dal vero obiettivo politico, l’indipenden­za». Va oltre Albert Gardin, che giusto un anno fa annunciò da Palazzo Ducale d’essere appena stato eletto «121º Doge della Serenissim­a»: «Non andremo a votare per un motivo molto semplice - spiega - noi siamo fuori dall’Italia e il referendum per noi non ha alcun valore. Ogni giorno diamo vita alla Repubblica Veneta, che essendo entità distinta dallo Stato Italiano non ha esigenza di farsi devolvere da quest’ultimo alcuna competenza».

 ??  ?? «Non cambierà niente per il Veneto» Da sinistra in senso orario: Gianluca Busato, Alessio Morosin e Lucio Chiavegato. Tutti sono scettici sul fatto che dal referendum possa scaturire una maggior autonomia per il Veneto. Gli ultimi due, però, voteranno...
«Non cambierà niente per il Veneto» Da sinistra in senso orario: Gianluca Busato, Alessio Morosin e Lucio Chiavegato. Tutti sono scettici sul fatto che dal referendum possa scaturire una maggior autonomia per il Veneto. Gli ultimi due, però, voteranno...
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