Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Serve un nuovo ospedale o la sanità rischia il declino»
L’INTERVISTA ROSARIO RIZZUTO
«La nostra sanità è fatta da professionisti straordinari che mettono nella didattica, nella ricerca e nella cura delle persone grande passione e grande impegno. Oggi Padova è un’eccellenza nel campo dei trapianti e nella cura delle malattie rare, ma le competenze dei medici, degli infermieri e di tutti quelli che lavorano negli ospedali non sono sufficienti se il gap tecnologico con le altre strutture sanitarie si allarga ancora. Oggi siamo di fronte a una situazione di stallo che mette a rischio la sanità padovana e regionale. Se oggi stesso non ci sarà un’assunzione di responsabilità da parte di tutti ci dovremo confrontare con il declino della ricerca e delle cure sanitarie». Rosario Rizzuto, che di professione fa il medico e il docente universitario e che in questo momento veste i panni del magnifico rettore del Bo rompe il suo lungo silenzio sulla vicenda del nuovo ospedale per invitare la politica cittadina e regionale a prendere il prima possibile una decisione che consenta agli operatori sanitari (e soprattutto ai malati) di poter mantenere una sanità efficiente anche nel prossimo futuro.
Professor Rizzuto, uno dei motivi per cui il processo del nuovo ospedale si è arrestato è anche perché l’università ha fatto muro sulla soluzione nuovo su vecchio. Perché non si può fare?
«L’università non ha mai fatto muro sulle soluzioni e anzi è sempre stata collaborativa con tutte le altre istituzioni. L’università però ha il compito di indicare le modalità con cui si deve costruire il nuovo policlinico»
Rifacciamo: perché non vuole il nuovo su vecchio?
«Negli anni la sanità è cambiata: i policlinici universitari oggi hanno bisogno di grandi dimensioni per rispondere alle esigenze della medicina e delle cure e devono avere la possibilità di crescere ulteriormente senza essere limitati dalle strutture preesistenti. Per questo, e per il semplice fatto che è impossibile pensare di curare le persone in un cantiere che dura sei o sette anni come sarebbe nel caso in cui si riprogettasse il Giustinianeo, è impossibile parlare di nuovo su vecchio. Poi capisco le esigenze del sindaco...»
Capisce le esigenze di Sergio Giordani?
«Certo. Giordani ha ragione quando dice che serve una progettazione complessiva e che in centro città devono restare importanti funzioni della sanità di prossimità»
Che cosa intende per sanità di prossimità?
«La programmazione sanitaria spetta alla Regione, ma è evidente che il nuovo policlinico e gli ospedali cittadini sono due cose diverse, non dei doppioni. Mi spiego: gli ospedali cittadini hanno funzioni importanti, i problemi più complessi però vanno affrontati da un ospedale hub che concentra tutte le complessità che gli ospedali di prossimità non possono risolvere coniugando didattica, ricerca e cura della persona. Nel nuovo ospedale i risultati dell’innovazione devono poter arrivare direttamente sui letti dei malati».
Visto che si tratta di ospedali e funzioni diverse e visto che la politica si è arenata sul dibattito Padova Ovest, Padova Est e chi più ne ha più ne metta, perché a questo punto non si può fare il policlinico fuori da Padova?
«La collocazione naturale del policlinico universitario è nella città dove ha sede l’università. Poi, ripeto, non spetta all’università la scelta del luogo. La progettazione urbanistica spetta ad altri enti».
I rettori che l’hanno preceduta però hanno messo mano alla progettazione urbanistica. Basta pensare al Fiore di Botta o alla realizzazione di Agripolis a Legnaro. Si tratta di opere che hanno cambiato la città. Non è d’accordo?
«Bisogna fare un distinguo: in quei casi si trattava di opere direttamente a carico dell’università. Stiamo facendo la stessa cosa con la ristrutturazione della caserma Piave. L’università però non costruisce ospedali, quello è competenza della Regione. L’università indica solo i contenuti dell’ospedale e le dimensioni dell’area. E rispetta le altre istituzioni»
La sanità padovana però è a rischio...
«Vero. E ciò mi preoccupa molto. Però sono anche ottimista perché il 3 novembre, quando ci siederemo attorno al tavolo in Regione, sarà chiaro a tutti l’enorme responsabilità che abbiamo per il futuro della sanità padovana e, parlando dei contenuti, arriveremo a fare una scelta condivisa con grande serenità».
Nuovo su vecchio È impossibile: la medicina moderna ha bisogno di ospedali di grandi dimensioni per essere efficiente Il tavolo del 3 novembre Sono ottimista perché so che tutti ci sentiamo addosso una grande responsabilità per la sanità padovana