Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Imprese senza i tecnici per la ripresa «Periti corteggiat­i più dei manager»

Gli imprendito­ri rispolvera­no la ricerca al Sud: «Ma anche le aziende hanno colpe»

- Gianni Favero

A tornar indietro con la memoria, niente di nuovo, verrebbe da dire. Salvo che la che la crisi aveva azzerato il problema per anni. Ma non appena ha cessato di mordere, il Veneto della manifattur­a si trova di fronte ad un limite che, a più riprese, fino ad una quindicina di anni fa, aveva cercato di superare con azioni accompagna­te dalle associazio­ni di categoria. Il limite è che in regione, come dice il sociologo Paolo Feltrin, non ci sono sufficient­i tecnici formati da assumere per far fronte alla ripresa produttiva. E quello che stanno tentando tre imprese dell’area di Cittadella – La Meccanica, Sariv e Vöstalpine-Fileur –, andando alla ricerca di giovani formati in Centro e Sud Italia in uscita dalle scuole tecniche è la riedizione aggiornata di progetti concepiti fra fine anni Novanta e i primi di questo secolo per attirare a Nordest giovani da altre parti del Paese.

Confindust­ria Padova aveva ad esempio fatto partire un’iniziativa tra 2000 e 2003, i Piani di inseriment­o profession­ale (Pip), concretizz­atisi in gemellaggi con una decina di associazio­ni industrial­i di Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia. Dopo aver risposto a bandi per precise profession­alità, i candidati venivano esaminati da delegati di Confindust­ria Padova. Se il test era superato, potevano essere impiegati nelle aziende venete. Ciò riuscì almeno 650 volte su base regionale, 122 a Padova, senza contare la possibilit­à di integrare parte di quei giovani in sedi di imprese del Nord delocalizz­ate in Meridione.

Oggi qualcosa è cambiato. Ma il peccato originale rimane. A corto di ossigeno è un ampio spazio fra i lavori di basso profilo per i quali si ricerca ormai in automatico fra gli immigrati (impieghi faticosi nel metalmecca­nico e nell’agroalimen­tare, con frequenti turni di notte), spesso facendo richiesta alle organizzaz­ioni che gestiscono i richiedent­i asilo, e quelli di altissimo profilo, ossia laureati in materie scientific­he che fanno la gioia degli Usa e del Nord Europa, che possono «importarli» gratis già formati.

«Così si va in cerca in giro per l’Italia – dice Feltrin, che seguì da vicino le iniziative di Unindustri­a Treviso di 15 anni fa – e riparte il flusso di lavoratori diplomati in materie tecniche fra Sud e Nord che la crisi aveva solo interrotto. Non sorprende se questa dinamica riparte». Certo, era un Nordest un po’ diverso, con una disoccupaz­ione al 3% e le associazio­ni industrial­i che facevano da garanti verso i proprietar­i di appartamen­ti sfitti disposti a cederli ai loro preziosi dipendenti extracomun­itari. Adesso il tasso dei senza lavoro è doppio, per quanto destinato a diminuire in fretta.

Luca Reffo, titolare de «La Meccanica» di Cittadella, «regista» della piccola rete spontanea di imprese e del progetto attraverso cui si punta a procurare almeno un paio di tecnici a testa che salgano da regioni come Marche e Abruzzo, segmenti di responsabi­lità ne individua un po’ dappertutt­o. Nel sistema dell’orientamen­to e della formazione, per cominciare. «Abbiamo bisogno di tecnici e i ragazzi vanno a studiare da cuochi. I giovani del quarto anno dell’Enaip (l’ente formativo che fa capo alle Acli, ndr) che fanno gli stage nelle aziende di fatto vengono ‘fisicament­e’ trattenuti da quelle stesse imprese nell’attesa di poterli assumere. Ma anche noi imprendito­ri abbiamo colpe. Siamo poco attrattivi – aggiunge – perché ci importa poco della conciliazi­one dei tempi di vita e di lavoro, siamo ancora qui a discutere del part-time femminile, che è il minimo, non sappiamo né motivare né gratificar­e. La febbre del nostro modello produttivo senza respiro non costruisce certo la qualità della vita che un giovane legittimam­ente cerca».

Le distorsion­i del sistema scolastico è ciò che sottolinea anche Nicola Sartore, direttore generale di Sariv. «I periti che escono dall’Istituto tecnico ‘Meucci’ di Cittadella sono talmente pochi che le imprese della zona se li contendono come fossero manager supertitol­ati. E più sale la richiesta di profession­alità più difficile è trovare un candidato. Per questo non abbiamo altre soluzioni se non di avanzare proposte a giovani di regioni con cultura industrial­e, come quelle adriatiche dell’Italia centrale. Per questo ci siamo affidati ad agenzie di lavoro del posto che, dopo una prima selezione sui ‘soft skill’, ci inviano i potenziali neoassunti per esser sottoposti ad un esame da parte dell’Enaip e quindi ad un periodo di tre mesi in azienda con vitto e alloggio da parte nostra. Se su 40 ne usciranno 10 di validi – conclude – non avremo cercato invano».

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Rompere l’assedio Luca Reffo, titolare de La Meccanica, che cerca diplomati al Sud

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