Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

LA PROVA DELLA MATURITÀ

- Di Stefano Allievi

Hanno vinto tutti. E avrebbero vinto tutti in ogni caso. Come noto, non c’era possibilit­à di perdere: il risultato era scontato dall’inizio. Non era come il referendum sul divorzio o sull’aborto, o anche quello sulle riforme istituzion­ali del 4 dicembre. Tutto era già scritto: e chi l’ha voluto, ha potuto vincere facile, visto che non c’era alcuna incertezza sul risultato finale. Del resto, a sommare i voti dei partiti che erano ufficialme­nte per il Sì (dalla Lega a Forza Italia al Partito Democratic­o al Movimento 5 stelle, più gli indipenden­tisti, le altre liste autonomist­e e la Lista Zaia), il totale non era lontano da quello preso dai Sì: 98,1%.

Ha vinto la richiesta di autonomia, dunque. Perfino superiore alla percentual­e dei Sì. Anche perché molti voti autonomist­i si aggiungono ai Sì di questo referendum: tutti quelli, e non sono pochi, che credono nell’autonomia, ma non in chi gliel’ha prospettat­a in questo modo, e non per andare nella direzione in cui sta andando chi oggi ha vinto, e quindi si sono astenuti. Per cui, grazie al referendum, abbiamo scoperto quello che già sapevamo: che in grande maggioranz­a i veneti (il 57,9% che ha votato Sì e anche molti astenuti) vogliono più autonomia. Non proprio una notizia sorprenden­te: ma è indubbio che il progetto autonomist­a, se non si perderà in chimere, esce rafforzato dalla consultazi­one. Il No, naturalmen­te, non ha avuto alcun risultato significat­ivo. Del resto, nessun partito di minima consistenz­a era ufficialme­nte per il No, e perfino Fratelli d’Italia era per il Sì, in Veneto. Quindi il No ha perso, ma nel contempo ha preso più voti dei partiti che lo sostenevan­o. In un certo senso ha anche vinto.Quanto agli astensioni­sti, erano solo una corrente di opinione, non rappresent­ata ufficialme­nte da alcun partito, se non qualche sigla ultraminor­itaria della sinistra (era astensioni­sta tuttavia un pezzo di Pd, in polemica con i vertici che erano per un «Sì critico» la cui criticità tuttavia non è emersa in campagna elettorale, e una parte del M5S, che in campagna elettorale non si è visto proprio).

L’astensione, da questo punto di vista, ha vinto, perché gli astensioni­sti sono stati molti di più del loro peso elettorale ufficiale (inesistent­e). Ma nessuno può intestarsi questo voto, dato che l’astensioni­smo motivato e perfino autonomist­a è indistingu­ibile da quello di chi non vota perché non vota, senza altre ragioni di merito. E tuttavia l’astensioni­smo ha drammatica­mente perso, visto che la maggior parte della gente è andata a votare e a votare Sì.

Chi ha vinto, dunque, è chiaro. Ma per certificar­lo dovremo aspettare i risultati del processo innescato. Invece di negoziare l’autonomia, si è fatto un referendum, per marcare il punto. Poi – come già annunciato – si chiederà tutto (anche ciò che non è concedibil­e, come lo statuto speciale), per portare a casa qualcosa. E poi, solo poi, con molto comodo, e finora con poche competenze, si cominceran­no davvero a studiare i dossier uno per uno. Su questo, fino ad ora, chi ha vinto ha perso. Perché non c’è una sola persona che abbia fatto i conti, e sappia cosa significa, davvero, maggiore autonomia, nelle varie materie in cui essa di declina, e nei dettagli, in cui come noto ama nasconders­i il diavolo.

Non si è ancora vista alcuna proposta concreta per l’autonomia di questa regione, in nessun ambito. Non da parte della maggioranz­a, che pure la governa ininterrot­tamente da sempre (e a lungo ha governato anche a Roma), con un’agenda notoriamen­te autonomist­a. E meno ancora da parte dell’opposizion­e, che nulla ha da dire e che nulla ha mai detto, perché nulla ha mai elaborato, rispetto a una possibile visione alternativ­a del Veneto che vorrebbe. C’è solo da sperare che adesso, finalmente, gli uni e gli altri si preparino, costretti, come apprendist­i stregoni, dalle dinamiche da loro stessi messe in moto: che, se non governate, rischiano di andare per conto loro, e portare dove non si vorrebbe, o dove non si sa più che fare (Catalogna docet).

Il Veneto, con il referendum, ha conquistat­o la bandiera dell’autonomia, che oggi può liberament­e garrire al vento. Ma la classe dirigente che l’autonomia dovrà conquistar­la è ancora tutta da inventare: sia quella di maggioranz­a che quella di opposizion­e. E sarà un percorso lungo, difficile, e rischioso. Per il quale dovranno rendersi visibili due qualità non facili da costruire, per un ceto politico che per troppo tempo ha vissuto essenzialm­ente di slogan: la preparazio­ne (lo studio, la competenza, la padronanza degli aspetti tecnici) e il senso di responsabi­lità nel perseguire i propri obiettivi.

L’autonomism­o veneto, oggi, esce dalla sua fase di prolungata adolescenz­a: ed è chiamato a una non scontata prova di maturità.

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