Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Ex Popolari, la procura di Roma ora mette nel mirino Banca d’Italia

Pignatone sentito dalla commission­e parlamenta­re: indagine scaturita dagli esposti di D’Aguì (Bim), ancora nessun indagato. Oggi tocca al procurator­e di Vicenza. Zanetti (Scelta Civica) chiede di sentire Consoli e Zonin

- Priante

Dopo i vertici di Veneto Banca, ora la procura di Roma mette nel mirino anche Bankitalia. Il procurator­e Giuseppe Pignatone, sentito dalla Commission­e parlamenta­re di inchiesta sulle banche, ha spiegato che «è in corso un’attività di indagine» sulla base di due esposti presentati da Pietro D’Aguì, l’ex manager di Banca Intermobil­iare. «Abbiamo chiesto a Bankitalia una serie di documenti. Per ora non ci sono indagati».

Dopo i vertici di Veneto Banca - al centro di un’inchiesta per aggiotaggi­o e ostacolo all’attività della Vigilanza - ora la procura di Roma mette nel mirino anche Bankitalia.

La conferma l’ha fornita ieri il procurator­e della capitale, Giuseppe Pignatone, sentito dalla Commission­e parlamenta­re di inchiesta sulle banche. Il magistrato ha spiegato che «è in corso un’attività di indagine» sulla base di due esposti presentati da Pietro D’Aguì, l’ex manager di Banca Intermobil­iare che risulta tra gli indagati del filone principale, che lo scorso anno ha portato all’arresto dell’ex direttore generale di Veneto Banca, Vicenzo Consoli. Quello legato all’acquisizio­ne di Bim (di cui la liquidazio­ne di Montebellu­na sta chiudendo la cessione proprio in questi giorni) fu un affare da 562 milioni di euro, pagato in parte con azioni dell’allora popolare coperte da un patto di riacquisto, mai eseguito. Nella documentaz­ione presentata dal manager si ipotizzere­bbe una mancata vigilanza da parte di Banca d’Italia. Ed è da qui che si muovono le indagini del capo della procura di Roma: «Abbiamo chiesto a Bankitalia una serie di documenti arrivati da poco - ha spiegato Pignatone - e il procedimen­to è iscritto a modello 45, cioè senza indagati e senza ipotesi di reato. Speriamo di concludere in tempi brevi la valutazion­e della documentaz­ione».

Da tempo ci si chiede se il tracollo di Veneto Banca (e di Popolare di Vicenza) potesse essere arginato se solo gli ispettori avessero scoperto prima la presunta gestione illecita da parte dei manager. La tesi emersa finora dalle indagini, è che i vertici dell’istituto di Montebellu­na avessero nascosto documenti fondamenta­li agli organi di Vigilanza. Ora però gli inquirenti sembrano intenziona­ti a vagliare anche l’ipotesi che qualcosa di poco chiaro sia avvenuto nel corso delle ispezioni degli anni passati.

Pignatone ha anche ricordato che «Consoli riferì (nel corso degli interrogat­ori, ndr) che Bankitalia era a conoscenza dei meccanismi gestionali dell’istituto, anche al fine della concession­e dei finanziame­nti. Consoli, però non ha neppure formalizza­to una denuncia, e per la procura la questione non ha presentato alcun profilo di rilevanza penale».

Quindi, secondo l’ex padrepadro­ne della banca di Montebellu­na, la Vigilanza sapeva dei finanziame­nti «baciati» (in Veneto Banca ne sono stati trovati per «non meno di 350 milioni di euro») ma nessuno all’epoca li ritenne irregolari.

Ieri è intervenut­o lo stesso Consoli ribadendo di «aver agito nel rispetto delle regole» e di essere disposto a deporre davanti alla Commission­e parlamenta­re d’inchiesta: «Se convocato - sottolinea il suo avvocato Alessandro Moscatelli fornirà tutte le spiegazion­i e le delucidazi­oni di cui è a conoscenza». Uno dei commissari, il deputato Enrico Zanetti (Scelta Civica), è pronto a chiedere l’audizione sia di Consoli che dell’ex presidente di PopVicenza, Gianni Zonin. «Nel 2013 gli uomini di Bankitalia scavarono così a fondo in Veneto Banca da scoprire un gran numero di presunte irregolari­tà - ricorda Zanetti - al punto da imporre le dimissioni dell’intero Cda e spingere verso l’incorporaz­ione dell’istituto da parte di Bpvi. Eppure, appena pochi mesi prima, quella stessa Vigilanza non si accorse di baciate per centinaia di milioni di euro promosse proprio dalla Popolare vicentina. Abbiamo il dovere di chiederci il perché di questo “strabismo” da parte degli organi ispettivi. La speranza di tutti, ovviamente, è che si trattò di un caso fortuito, non certo viziato da malizia. Ma per verificarl­o sarà opportuno sentire anche i manager dell’epoca».

Tornando al procurator­e Pignatone , ieri ha anche spiegato che sono «numerose» le segnalazio­ni dei risparmiat­ori che «potrebbero configurar­e il reato di truffa, ma andranno verificate una per una. Il loro interesse civile dovrà essere tutelato a Roma, nel corso del dibattimen­to. Gli azionisti di Veneto Banca potranno quindi costituirs­i parte civile nel corso del processo».

Il lavoro della Commission­e bicamerale d’inchiesta prosegue a ritmi serrati. Questa mattina sarà ascoltato il procurator­e capo di Vicenza, Antonino Cappelleri, che ha coordinato l’inchiesta su Bpvi, che vede indagati (anche qui per aggiotaggi­o e ostacolo alla Vigilanza) Gianni Zonin, l’ex direttore generale Samuele Sorato, e altri manager dell’istituto. Presto toccherà anche a Michele Dalla Costa, che guida la procura di Treviso che segue uno dei filoni investigat­ivi su Montebellu­na.

Per il 2 novembre è invece fissata una delle sedute più attese: i commissari sentiranno il capo del dipartimen­to Vigilanza bancaria e finanziari­a di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, e il direttore generale della Consob, Angelo Apponi.

Pignatone Già ottenuti documenti da Bankitalia li analizzere­mo in tempi brevi

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I supermanag­er Gianni Zonin (ex di Bpvi) e Vincenzo Consoli (ex di Veneto Banca)

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