Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Divisi sulla linea con Roma Luca e Bobo, amici-nemici tra sgambetti e distinguo
Maroni e Zaia divisi su tutto. Chi porterà a casa il risultato? Chi per primo?
Amici, amicissimi, praticamente si odiano. O almeno così sembra, perché non c’è un solo punto della strategia approntata per agguantare l’autonomia su cui Luca Zaia e Roberto Maroni la vedano allo stesso modo. Anzi: se possono si sgambettano, fanno a sportellate e si tagliano la strada l’un l’altro, alla faccia dell’antico proverbio (africano ma piace anche ai leghisti) per cui «se vuoi arrivare primo, corri da solo ma se vuoi arrivare lontano, cammina insieme».
Il dualismo tra i governatori, d’altronde, era nato già ai nastri di partenza: Zaia, partito per primo, ha vissuto come un’indebita interferenza lombarda nella storica battaglia autonomista veneta la decisione di Maroni di accodarsi nell’organizzazione del referendum e anche per questo, fino all’ultimo, ha provato ad evitare che i due appuntamenti venissero celebrati nello stesso giorno. Maroni, però, ha tenuto duro, recuperato terreno e con un allungo beffardo persino superato «l’amico Luca» alla prima curva utile, l’annuncio della data: «Voteremo il 22 ottobre» dettò Bobo alle agenzie il 21 aprile e a Zaia - che per settimane aveva coltivato la suspence con attenzione certosina - non rimase che confermare. Maroni prova ad accelerare e, rischiando grosso, opta per il voto elettronico («È il futuro»); Zaia punta sull’affidabilità della macchina e preferisce le vecchie schede e matite: «Sono garanzia di serietà, vogliamo che la consultazione abbia i crismi dell’ufficialità». Il governatore veneto marca ad ogni occasione utile (l’ha fatto anche lunedì, davanti ai giornalisti) la distanza tra la «semplice mozione» approvata in Lombardia e la legge votata qui, «una legge del consiglio regionale, impugnata dal governo e vagliata dalla Consulta». Figuriamoci quando Maroni lo invita ad andare tutti insieme a Roma a trattare, «così siamo più forti al tavolo col governo»... Zaia lo stoppa subito: «Ci sono la massima collaborazione e condivisione ma credo che al momento del vedo porteremo avanti istanze diverse». Una distanza diventata siderale ora che il Veneto ha chiesto lo statuto speciale: «Una mossa che mi ha spiazzato, non era concordata» ammette Maroni con Repubblica. E rilancia sul piano della serietà: «Al contrario di quella di Zaia, che parlava in modo vago di nuove forme di autonomia senza citare le risorse, la mia richiesta fa esplicito riferimento all’articolo 116».
Il Veneto voterà la sua proposta di legge statale «entro dicembre»? La Lombardia sarà in aula – ma con una risoluzione – il 16 novembre. Zaia si presenterà dal premier Paolo Gentiloni solo quando avrà in mano la proposta di legge messa a punto dai tecnici, timbrata dagli stakeholders, votata dal consiglio, perché, precisa sibillino, «non mi interessa andare a Roma per la photo opportunity»? Maroni già al mattino di lunedì faceva sapere di aver avuto un «colloquio cordiale» col premier: «Mi ha confermato il via libera al confronto su tutte le materie previste dalla Costituzione». Proprio nel rapporto col governo (e con il Pd), la chicane più difficile da affrontare, si allarga il solco tra i due, perché mentre Zaia ha ritagliato per sé il ruolo del duro pronto alla sfida all’Ok Corral con «Roma», deciso a tenersi tutti i soldi, «finalmente paròni a casa nostra» Maroni preferisce una veste istituzionale, inclusiva, «Lombardia modello di efficienza per l’Italia intera», al punto da dialogare amabilmente perfino col sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio Bressa, che di Zaia è in questi giorni l’acerrimo nemico: «So- no già d’accordo con lui - fa sapere Maroni - appena siamo pronti noi, sono pronti anche loro». E se l’Emilia Romagna del dem Stefano Bonaccini, che pure s’è buttata nella mischia, anticipa tutti nella stretta di mano con Gentiloni, Zaia la liquida così: «Non si sono mai mossi in 16 anni e lo fanno ora, guarda caso alla vigilia del nostro referendum... Auguri», mentre Maroni prende il telefono e chiama immediatamente il collega emiliano, entusiasta: «Voglio lavorare insieme a lui e sono disponibile ad aggiungere pure le Regioni del Sud». La delegazione lombarda certo sarà ampissima: «Ci saranno anche il Pd, a cominciare dal sindaco di Bergamo Gori, e i Cinque Stelle» annuncia Bobo. Luca sorvola: «Vedremo se l’opposizione ha idee fattibili o solo fantasie» dice a denti stretti, il che non sembra esattamente un messaggio di benvenuto.
Niente, insomma, non si incontrano mai. Neppure quando si tratta degli amici, i comuni alleati di Forza Italia. In questi giorni mai una sola volta Zaia ha ricordato che, se si è votato, è stato grazie ad una legge voluta dagli azzurri, che nella scorsa legislatura hanno tentato di arginare così le spinte indipendentiste della Lega. Maroni, anche qui, non si è fatto sfuggire l’occasione: «Un grazie speciale per Berlusconi» ha twittato. Ma forse qui c’entrano pure le Regionali alle porte in Lombardia.
I tempi Il governatore lombardo andrà in aula a novembre, quello veneto a dicembre