Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Affitti più cari e «prima i veneti» sì alla riforma Ater
Regione, via libera alla nuova legge sugli alloggi pubblici. L’assessore: solidarietà e giustizia
Canoni più alti, caccia ai furbetti e «prima i veneti» nelle graduatorie. Sono i punti cardine della riforma Ater. Con 29 voti a favore (la maggioranza con qualche rinforzo dai centristi), 13 contrari e 1 astenuto, il consiglio regionale ha approvato ieri la «rivoluzione» delle case popolari. L’assessore al Sociale Manuela Lanzarin: «Coniughiamo solidarietà e giustizia».
Con 29 voti a favore (la maggioranza con qualche rinforzo dai centristi), 13 contrari e 1 astenuto, il consiglio regionale ha approvato ieri la riforma delle Ater (rubricata: norme in materia di Edilizia Residenziale Pubblica), una delle riforme più attese della legislatura dal momento che il settore è regolamentato da leggi che oramai risalgono a vent’anni fa. Il testo approvato ieri, che fa sintesi di tre diverse proposte ed è firmato dall’assessore al Sociale Manuela Lanzarin, impatta sulla gestione di 36 mila alloggi pubblici in Veneto e sulla vita dei loro inquilini, circa 80 mila persone. «Finalmente cambiano le regole per assicurare il diritto alla casa a chi ne ha veramente bisogno - commenta Lanzarin -. Avevamo il dovere di intervenire, e in fretta di fronte alle condizioni in cui versa il patrimonio pubblico, i tassi di morosità, le liste di attesa, l’emergenza abitativa e l’abbiamo fatto con una riforma che coniuga giustizia e solidarietà».
Molte le novità introdotte, sia sul piano della governance che su quello dell’accesso e dell’uso degli alloggi. La principale, quella che più ha fatto discutere sin da quanto la legge è uscita dalla giunta, è l’introduzione del requisito di residenzialità (fedele al principio «prima i veneti» caro al governatore Luca Zaia), che permetterà a chi ha vissuto in Veneto per almeno 5 degli ultimi 10 anni, di godere di un punteggio più alto rispetto alle altre persone in graduatoria. Sono poi previsti bonus per gli anziani, i giovani, le nuove coppie, i genitori soli con figli minori, i nuclei con disabili e le donne vittime di violenza.
«Le nuove regole – sottolinea Lanzarin – puntano poi a mettere fine al fenomeno della morosità: attualmente un inquilino su tre non paga il canone, nonostante si tratti di importi poco più che simbolici, con indici di morosità che in alcune province sfiorano il 50% (le perdite ammontano a 13 milioni all’anno, ndr.) La riforma impegnerà Ater e Comuni a sostenere le fasce più deboli, ma non offrirà più alibi a quanti hanno trasformato un diritto sociale in un privilegio acquisito a vita». Ma poiché le case Erp sono e restano un patrimonio sociale, l’assessore assicura che eventuali inquilini incapienti saranno aiutati a pagare il canone minimo (che con la riforma sale a 40 euro al mese) dai servizi sociali dei Comuni e dal Fondo di solidarietà alimentato da Ater e Regione. Saranno poi previste quote riservate per le finalità sociali dei Comuni (10%), per le forze dell’ordine (10 %), per i giovani under 35 (8%), le nuove coppie (8%) e le famiglie monoparentali con figli minori (8%).
Tra le altre novità, il cambio della governance, con l’introduzione nelle Ater di comitati di gestione composti da tre membri, cui si aggiungeranno, per ciascuna azienda, un direttore, un revisore dei conti e la conferenza dei sindaci; la previsione di contratti di affitto a termine (cinque anni, rinnovabili); la verifica dell’effettiva situazione economica degli assegnatari (soglia massima Isee di 20 mila euro); e il canone di locazione «sopportabile», parametrato cioè alle possibilità economiche degli assegnatari ma anche ai costi di gestione e manutenzione sostenuti dall’Azienda pubblica. E verrà regolamentata, con sanzioni, anche l’ospitalità, «una misura per evitare il sovraffollamento» dice Lanzarin.
Se da Forza Italia, con Massimiliano Barison, arriva un giudizio positivo («Un’importante riforma per aiutare famiglie in difficoltà, con riserve per famiglie monogenitoriali, forze dell’ordine e giovani coppie»), negativo è invece quello del pentastellato Manuel Brusco («La legge, ancora una volta, mette da parte il consiglio lasciando tutto in capo alla giunta, dall’attuazione alla decisione dei criteri fino alla gestione dei bandi») e del dem Claudio Sinigaglia: «Un’altra legge “leghistissima” che ha la preoccupazione di affermare “prima i veneti”, anche a costo di creare palesi ingiustizie. E’ ingiusto premiare spropositamente chi abita da decenni nel veneto a scapito di chi è disoccupato, come è ingiusto che i canoni debbano coprire le spese di manutenzione».