Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Quelle Autorità che non rispondono a nessuno
Merita qualche riflessione la risposta di Danièle Nouy, a capo della Vigilanza bancaria di BCE , al presidente del Parlamento europeo e alle altre autorità politiche, che avevano sollevato dubbi sul nuovo «giro di vite» annunciato dalla Vigilanza sulla valutazione delle sofferenze (NPL) nei bilanci delle banche. La signora Nouy fa sapere che sta svolgendo il mandato che le è stato affidato e, soprattutto, dichiara che intende mantenere il programma annunciato di rafforzamento del sistema bancario, a suo dire raggiungibile costringendo le banche a «liberarsi» dei NPL. Lasciamo ad altri ogni valutazione sull’efficacia e opportunità delle misure ventilate, ma bisogna sottolineare che l’avvento sempre più massiccio di simili autorità amministrative «indipendenti» negli ordinamenti nazionali e in quello europeo sta spostando il baricentro della decisione pubblica dagli organi legittimati democraticamente (i parlamenti, i governi) a una serie di organismi variamente denominati che si caratterizzano per le competenze settoriali, la preparazione tecnica dei componenti e l’autonomia rispetto ai governi. Autorità che nella debolezza della politica trovano alimento e le cui decisioni hanno un enorme rilievo sul funzionamento dell’economia e del mercato, ma nei cui confronti la tutela giudiziaria è assai debole.
La legge protegge la loro indipendenza con particolari metodi di nomina e con l’affidamento di mandati così ampi da essere liberamente declinabili dalle autorità stesse che così stabiliscono gli obiettivi, le regole, le procedure, le sanzioni (e i rimedi) nei diversi settori di intervento. Negli ordinamenti come quello anglosassone e statunitense, questi organismi sono oggetto da tempo di una serrata critica per la loro scarsa legittimazione democratica. Da noi, invece, le varie autorità crescono di numero (superano ormai la dozzina) e stanno allargando via via la loro sfera di competenza e di influenza, sovrapponendosi non solo all’amministrazione ma anche al legislatore e ai giudici, in una progressione che tanto incrementa il loro ruolo quanto cresce la diffidenza nei confronti dei rappresentanti eletti dai cittadini. In definitiva non rispondendo realmente a nessuno. In tutto ciò non manca qualche ipocrisia, perché i componenti di queste autorità «indipendenti», sebbene certamente esperti e autonomi, sono pur sempre nominati dagli organi politici. E non stupisce dunque che la politica, accortasi della crescente influenza di queste autorità, cerchi di dimostrare (quando può) di esserci. L’ultimo episodio, la mozione approvata dalla Camera sulla nomina del governatore della Banca d’Italia, è molto significativo: anziché essere giudicata come il legittimo intervento dell’organo rappresentativo al massimo grado dei cittadini, qual è il Parlamento, nella scelta di una delle cariche più rilevanti dell’amministrazione pubblica, viene criticata come un’invasione di campo della politica (o di qualche politico) nei confronti della indipendenza della Banca d’Italia, compromettendone così l’autorevolezza (se non la sacralità). Certo il modo, non previsto dalla legge (e imprevisto rispetto agli accordi tessuti dietro le quinte dell’ufficialità), può suscitare comprensibili perplessità, ma potrebbe essere anche l’occasione per affrontare, senza pregiudizi e senza timidezze, il tema dei rapporti fra autorità politiche e autorità amministrative di garanzia che inciderà sempre di più sul futuro delle nostre democrazie, sul funzionamento degli apparati pubblici e sulle nostre libertà economiche e civili.