Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
AVANCE, CARRIERA E MERITOCRAZIA
La cantante padovana Aba (nome d’arte) che ha detto di no a una «proposta indecente», è la prova che rifiutare si può. I giornali continuano a discutere sia sul produttore hollywoodiano dalle lunghissime mani, sia sulle donne che hanno tollerato le sue molestie pur di far carriera. E che solo dopo vent’anni han cominciato a denunciarlo creando lo scandalo che tutti conosciamo e che divide in fronti contrapposti l’opinione pubblica (sulle «povere ragazze» che han subito violenza o sulle «complici» che cercavano il successo). Ma se di questo non si smette di parlare, soprattutto quando si tratta di attrici note come Asia Argento, mentre passa in cavalleria il coraggio di chi non ha accettato il do ut des, c’è un fenomeno sociale anch’esso discutibile che riguarda molti: il ripetere, a ogni scandalo che emerge, che «è sempre stato così», cioè che il potente approfitta del suo potere e la vittima è spesso costretta a essere d’accordo. Che si tratti di un produttore, regista, funzionario radiotelevisivo da cui ottenere un ruolo, di un barone universitario che mandando avanti amici, familiari o amanti, di un politico o di un qualsiasi datore di lavoro, la meritocrazia conta meno della bellezza di una ragazza che ci sta. Guai però a chiamarla prostituzione, anche se la prostituzione ha tanti aspetti e tante cause, non tutte spregevoli. Ma per soffermarsi sul vizio di sostenere che certi comportamenti o abitudini ci sono sempre stati e (quindi) sempre ci saranno, credo sia opportuno farsi qualche domanda, a partire magari proprio dal «mestiere più antico del mondo». Un mestiere che forse per sempre ci sarà davvero, ma la chiusura, a suo tempo, delle case di tolleranza ad opera della legge Merlin ha, quantomeno, impedito che lo Stato ci guadagnasse sopra. Quanto alla mafia accademica, conosciamo bene nome e cognome dei professori che l’hanno praticata, ma il coraggio del ricercatore toscano che ha denunciato chi voleva fargli ritirare la domanda a un concorso dove il vincitore era già stabilito, ha messo in moto un meccanismo punitivo che, se non cancellerà la corruzione, almeno frenerà la pratica, e naturalmente potrà scoraggiare anche le donne che si vendono rubando il posto a chi lo merita. Insomma, cambiare si può. Basta un po’ di fegato per opporsi alle avance e per denunciare, in ogni ambito sociale, chi abusa del proprio potere. A meno di essere disposta, se donna, ad accettare un indignitoso servaggio, considerando preferibile servirsene in quanto propedeutici (ma senza garanzia) alla conquista del successo.