Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

AVANCE, CARRIERA E MERITOCRAZ­IA

- Di Gabriella Imperatori

La cantante padovana Aba (nome d’arte) che ha detto di no a una «proposta indecente», è la prova che rifiutare si può. I giornali continuano a discutere sia sul produttore hollywoodi­ano dalle lunghissim­e mani, sia sulle donne che hanno tollerato le sue molestie pur di far carriera. E che solo dopo vent’anni han cominciato a denunciarl­o creando lo scandalo che tutti conosciamo e che divide in fronti contrappos­ti l’opinione pubblica (sulle «povere ragazze» che han subito violenza o sulle «complici» che cercavano il successo). Ma se di questo non si smette di parlare, soprattutt­o quando si tratta di attrici note come Asia Argento, mentre passa in cavalleria il coraggio di chi non ha accettato il do ut des, c’è un fenomeno sociale anch’esso discutibil­e che riguarda molti: il ripetere, a ogni scandalo che emerge, che «è sempre stato così», cioè che il potente approfitta del suo potere e la vittima è spesso costretta a essere d’accordo. Che si tratti di un produttore, regista, funzionari­o radiotelev­isivo da cui ottenere un ruolo, di un barone universita­rio che mandando avanti amici, familiari o amanti, di un politico o di un qualsiasi datore di lavoro, la meritocraz­ia conta meno della bellezza di una ragazza che ci sta. Guai però a chiamarla prostituzi­one, anche se la prostituzi­one ha tanti aspetti e tante cause, non tutte spregevoli. Ma per soffermars­i sul vizio di sostenere che certi comportame­nti o abitudini ci sono sempre stati e (quindi) sempre ci saranno, credo sia opportuno farsi qualche domanda, a partire magari proprio dal «mestiere più antico del mondo». Un mestiere che forse per sempre ci sarà davvero, ma la chiusura, a suo tempo, delle case di tolleranza ad opera della legge Merlin ha, quantomeno, impedito che lo Stato ci guadagnass­e sopra. Quanto alla mafia accademica, conosciamo bene nome e cognome dei professori che l’hanno praticata, ma il coraggio del ricercator­e toscano che ha denunciato chi voleva fargli ritirare la domanda a un concorso dove il vincitore era già stabilito, ha messo in moto un meccanismo punitivo che, se non cancellerà la corruzione, almeno frenerà la pratica, e naturalmen­te potrà scoraggiar­e anche le donne che si vendono rubando il posto a chi lo merita. Insomma, cambiare si può. Basta un po’ di fegato per opporsi alle avance e per denunciare, in ogni ambito sociale, chi abusa del proprio potere. A meno di essere disposta, se donna, ad accettare un indignitos­o servaggio, consideran­do preferibil­e servirsene in quanto propedeuti­ci (ma senza garanzia) alla conquista del successo.

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