Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Disoccupat­a trova lavoro ma solo per 7 ore L’Inps le chiede indietro quindicimi­la euro

- B. C.

Un lavoro mai ottenuto e 52 euro di compenso rischiano di costare caro ad una signora vicentina di Altavilla in mobilità: ovvero più di 15 mila euro.

Come a dire una storia di ordinaria (mal)burocrazia e di cavilli. Che però è finita in tribunale: da una parte Ornella Dal Lago, dall’altra l’Inps.

La «battaglia» è iniziata la scorsa primavera, quando Dal Lago ha ricevuto dall’Istituto nazionale di previdenza sociale la richiesta di restituire i 15.297, 70 euro avuti in anticipo come indennizzo per la messa in mobilità tra il febbraio del 2010 e lo stesso mese del 2012. La domanda di rimborso dell’Inps derivava da un periodo di prova (sette ore distribuit­e in tre giorni) che la signora ha svolto, nel settembre del 2011, in una cooperativ­a. La prova era finalizzat­a ad una assunzione part-time che non si è però mai concretizz­ata e che si è poi tradotta in 52,25 euro di compenso. Ma la legge prevede che se chi ha chiesto l’anticipo dell’indennizzo trova lavoro entro 24 mesi dall’erogazione, debba restituire l’intera somma all’Inps.

La signora si è affidata allora all’avvocato Agron Xhanaj, che a luglio ha presentato ricorso all’Inps di Vicenza.

«Dopo tre giorni e poche ore di attività, il lavoro non si è perfeziona­to perché la donna non si è trovata bene. Per le ore di prova, il datore di lavoro ha versato contributi e retribuito la mia assistita con 52 euro. Da qui la richiesta di rimborso di tutti i 15mila euro», spiega il legale che aggiunge: «La mia assistita si sente tradita dallo Stato che per un cavillo le chiede l’intero indennizzo».

Un primo ricorso in realtà si era chiuso con esisto positivo per Dal Lago. Il caso era stato sottoposto all’Inps di Vicenza a luglio, sostenendo l’illegittim­ità del provvedime­nto, in quanto l’occupazion­e non si è mai perfeziona­ta e vi è «evidente sproporzio­ne» tra gli importi in questione. L’istituto di Vicenza, a settembre, aveva accolto quel ricorso giudicando «non concretizz­ato il rapporto di lavoro viste le dimissioni durante il periodo di prova» e «sproporzio­nato» quanto richiesto dall’Inps alla signora. Da Vicenza la documentaz­ione era stata però trasmessa al Comitato amministra­tore della gestione degli interventi assistenzi­ali di Roma per un parere. Tre giorni fa è arrivata la risposta: Dal Lago deve pagare tutti i 15.297, 70 euro.

«Naturalmen­te la mia assistita non ci sta - aggiunge Xhanaj - perché viene leso il principio di proporzion­alità tra il bene giuridico tutelato e la sanzione».

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