Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Sequestri Bpvi, la rabbia delle associazio­ni «La procura li doveva fare a maggio»

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Inchiesta Bpvi: sequestri non fatti e sequestri che un nuovo giudice potrebbe ancora concedere dopo il pronunciam­ento della Cassazione. Tra tutti i risparmiat­ori che sperano di ottenere ancora un risarcimen­to rispetto all’azzerament­o delle azioni. E che, per ora, polemizzan­o, contestand­o c’era stata la possibilit­à, nei mesi scorsi, di far scattare i sigilli, senza che lo si fosse fatto. Fatto che sembra ormai essersi dissolto, soprattutt­o dopo le parole del procurator­e di Vicenza, Antonino Cappelleri, davanti alla Commission­e parlamenta­re d’inchiesta: «La banca è stata svuotata di qualunque sostanza effettiva e dunque qualunque richiesta di sequestro sarebbe vana».

Dichiarazi­oni che hanno rinfocolat­o la rabbia tra i soci. Portavoce l’avvocato vicentino Renato Bertelle, che tutela oltre duecento risparmiat­ori, già pronti a costituirs­i parte civile nel maxi-processo che potrebbe iniziare a breve. «Se è vero che oggi non c’è più niente da sequestrar­e in banca, viene da chiedersi come mai il procurator­e non abbia proceduto al sequestro, quando ancora non era già troppo tardi – dichiara il legale – . Il giudice per le indagini preliminar­i a maggio non aveva negato alla Procura il sequestro di 106 milioni di euro. Soldi che rappresent­avano una forma di garanzia per un futuro risarcimen­to ai tanti risparmiat­ori che si sarebbero costituiti nel processo».

Allora era stato lo stesso procurator­e a spiegare come la richiesta di sequestro fosse stata fatta «al fine di una tutela, pur parziale, delle ragioni dei numerosi danneggiat­i». Ma è anche vero che allora il gip avevo dato via libera al sequestro - solo il diretto, alla banca - in una forma che Cappelleri definì «provvisori­a»: doveva essere avvallato entro venti giorni da un collega del capoluogo lombardo, visto che secondo il Gip, che aveva dichiarato competente Milano per una serie di fatti, lì toccava dare il via libera. «Anche sotto il profilo pratico – aveva spiegato allora il procurator­e - non è possibile entro venti giorni dall’emissione del decreto, e seguire un sequestro di tale portata e trasferire gli atti alla sede competente (Milano, ndr) in tempo utile perché questa possa rinnovare il sequestro disposto da Vicenza, che altrimenti decade».

Quindi niente sigilli. E se anche questi dovessero esserci in futuro, dopo che si esprimerà la Cassazione, sul provvedime­nto e sulla competenza territoria­le, potrebbero sì scattare, ma a questo punto solo nei confronti dell’ex dg Samuele Sorato e del vicedirett­ore generale Emanuele Giustini. «C’era la possibilit­à di fare una revocatori­a e chiedere in sede civile il sequestro dei beni di cui si è spogliato l’ex presidente Gianni Zonin – spiega l’avvocato Bertelle – ma c’era il rischio, da parte dei risparmiat­ori, di perdere la causa e dover pagare costi alti. Per questo era importante eseguire quel sequestro penale già a maggio».

Intanto, mentre si attende martedì l’audizione alla commission­e parlamenta­re dei comitati, ieri in un incontro l’associazio­ne «Noi che credevamo nella Bpvi» ha chiesto ai parlamenta­ri veneti il sostegno ad un emendament­o alla Finanziari­a che metta a disposizio­ne i fondi per risarcire i soci. Quattro miliardi la richiesta per le due venete.

Bertelle Dal Gip concessi per 106 milioni

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