Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Da Re ammette i mal di pancia, Semenzato chiede un confronto
Via il «Nord» dal simbolo leghisti allineati tra i mugugni
Lo vivono come quando, sedici anni fa, la Liga Veneta entrò nella Lega Nord («un passaggio epocale»), e come allora nessuno esulta o si spertica in plausi. Nessuno nemmeno avanza critiche alla scelta di mandare in pensione quel «Nord» che è stato il tratto distintivo del movimento prima e, poi, del partito. C’è al massimo la richiesta di approfondire la decisione del segretario Matteo Salvini, annunciata venerdì dopo il consiglio federale («dovrebbe esserci un confronto con tutti gli iscritti di base», dice il consigliere regionale Alberto Semenzato) ma su qualsiasi mal di pancia prevale la «ragion di stato», ossia la voglia di vincere alle elezioni politiche.
«L’ho saputo ieri ma era nell’aria – spiega Gianluca Forcolin, vicepresidente e assessore al Bilancio della Regione -. Se il segretario vuole candidarsi a premier, serve più trasversalità. A me interessa un’Italia federalista e autonoma, magari lo fossero tutte le regioni, si risolverebbero tutti i mali provocati dal governo romano centralista». E se la «mission», come la chiama Forcolin, è arrivare a Roma da vincitori, con il consenso anche del centro sud, la Lega deve rinunciare al «Nord». «Il sogno bossiano della grande regione del nord non c’è più e le secessioni, Catalogna docet, si fanno con le armi – sottolinea l’ex sindaco sceriffo Giancarlo Gentilini -, se vogliamo portare in tutta Italia il Vangelo della Lega va tolta la parola Nord, vediamo se così sfondiamo, bisogna tentare: la storia è evoluzione». L’ultima parola spetta però agli elettori: «Non so se al centro sud siano per la legalità, come lo siamo noi, ma spes ultima dea est, no? Non vorrei però che la speranza diventasse il sarcofago della Lega».
All’orizzonte non c’è solo la «conquista di Roma»: «Levare il “Nord” è un’esigenza perché la procura di Genova ci ha bloccato i conti», dicono il segretario regionale Gianantonio Da Re e l’ex sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo. «Dobbiamo andare al governo per dare risposte sull’autonomia – aggiunge Da Re -, il cambiamento è a fini elettorali. Mal di pancia? Quelli li abbiamo tutti ma ci sono esigenze di governo». Il fine giustifica i mezzi scriveva Machiavelli cinque secoli fa e oggi potrebbe diventare il motto del Carroccio. «È la strada della Lega di Salvini e di un partito che vuole essere nazionale», spiega Sergio Vallotto, segretario provinciale di Venezia. Ma, sottolinea Gobbo, «la nostra identità non cambia: tutti sanno chi siamo».
«È una sperimentazione e ci sta in vista delle politiche – dice Stefano Marcon, presidente della provincia di Treviso -, se non produrrà i desiderata di chi ha scelto, ci sarà un dietrofront. Stiamo vivendo un passaggio simile all’ingresso della Liga Veneta nella Lega Nord che si rivelò giusto, spero che questo indirizzo politico dia ragione al segretario: vedremo, finora Salvini non ne ha sbagliata una». Semenzato vuole «capire meglio» ed è l’unico a chiedere un chiarimento: «Resta tutto uguale ad oggi nel partito? Voglio capire il progetto, penso che i militanti chiedano risposte, non è previsto un congresso ma mi auguro che ci siano spiegazioni approfondite».
Mal di pancia? Li abbiamo tutti ma prevalgono le esigenze di governo