Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Mose, cerniere corrose e superbarca inutile

Affidata una perizia dopo i resoconti dei subacquei

- Di Alberto Zorzi

Il Provvedito­rato alle opere pubbliche ha disposto una perizia sugli steli delle cerniere del Mose, per valutare se il tasso di corrosione metta a rischio il sistema. Ha poi deciso di comprare la «cavalletta» dell’impresa Fagioli, che funziona meglio del famoso jack-up da 50 milioni di euro.

I sub sono andati sotto acqua diverse volte e la diagnosi è ormai certa: nella schiera di Lido Nord (Treporti) c’è un problema di corrosione nelle cerniere, l’elemento che collega le paratoie ai cassoni ancorati sul fondo delle bocche di porto della laguna di Venezia. Non quello più grave paventato dall’esperto di metallurgi­a Gian Mario Paolucci, consulente del Provvedito­rato alle opere pubbliche, su un rischio di deterioram­ento dell’elemento femmina, quello ancorato al cassone: un’ipotesi disastrosa, per il lavoro enorme (con relativa spesa) per togliere l’elemento e sostituirl­o, scongiurat­a da una protezione elettrolit­ica fatta apposta per evitare fenomeni di quel tipo. Ma i sub hanno verificato che ad essere effettivam­ente danneggiat­i sono gli steli, cioè gli elementi di raccordo tra la femmina e il maschio, che è invece attaccato alla paratoia.

Per questo il provvedito­re Roberto Linetti ha affidato nelle scorse settimane una nuova perizia al Rina (Registro italiano navale) perché verifichi se questa corrosione sia solo un problema «estetico» o possa avere degli effetti sulla vita presunta degli steli, che era nell’ordine di qualche decina di anni. «Se l’esito fosse negativo, bisognereb­be sostituirl­i - dice Linetti - Il costo è di circa 20 mila euro a stelo». Il problema è che di cerniere ce ne sono due per paratoia, che a Lido Nord sono 21: in tutto si parlerebbe quindi di una spesa ipotetica di 840 mila euro. Va poi capito come mai quegli steli di Lido Nord si siano deteriorat­i in maniera più veloce del previsto, visto che sarebbe stato usato l’acciaio previsto dal progetto, che poi però è stato modificato per quelli successivi. Fin dall’inizio quello dell’esposizion­e continua all’acqua salata della laguna era stato uno dei principali problemi evidenziat­i sul Mose e una delle principali incognite visto che si tratta di un’opera unica nel suo genere.

Quella spesa è uno dei vari imprevisti che Linetti, con i commissari del Consorzio Venezia Nuova Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, si sono trovati di fronte in questi ormai quasi tre anni di lavoro del «team» scelto dal presidente dell’Anac Raffaele Cantone e dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro per finire il Mose. C’è la porta della conca di navigazion­e di Malamocco danneggiat­a da una mareggiata e riprogetta­ta più resistente, e poi la scogliera franata sotto la forza delle onde, episodi per cui commissari sono però pronti a fare causa alle imprese, anche se per ora hanno anticipato i soldi. Ci sono le spese per le sanzioni dell’Agenzia delle Entrate (quasi 28 milioni di euro) e per la chiusura del mutuo con la Banca europea degli investimen­ti (267 milioni l’anno scorso, altri 73 entro fine anno), per il quale non erano stati fatti gli accantonam­enti dovuti. Ci sono le spese, minori, per rivernicia­re le paratoie rimaste quasi sei mesi all’aperto in attesa di essere messe sotto acqua e danneggiat­e dai gabbiani a colpi di becco e di sterco. Infine quelle per sistemare il jack-up, la nave speciale che doveva servire per agganciare e sganciare le paratoie sia per l’installazi­one che per la successiva manutenzio­ne.

Sul jack-up ci sarebbe da scrivere un romanzo. In origine ne erano previsti due, ma dopo che per il primo sono stati spesi oltre 50 milioni di euro, i commissari hanno stoppato l’appalto per il secondo, ritenendol­o superfluo. Poi quel primo si è «rotto» una delle gambe ed è stato costretto ai box. Ora, dopo un paio d’anni di studi e verifiche da parte dei tecnici dell’Università di Napoli, il mezzo è tornato operativo. Il problema è che, a fronte di una notevole flessibili­tà per manovrare tutti i tipi di paratoie (che hanno dimensioni diverse a seconda della bocca di porto), il jack-up è molto lento a navigare in acqua. E dato che ora si stanno installand­o le paratoie a Chioggia (mercoledì scorso è stata messa sotto acqua la sesta su 18), che è la bocca più lontana, quel mezzo non è molto funzionale. Così il Cvn sta continuand­o a usare un mezzo meno «pregiato», ma che finora ha svolto bene il suo lavoro: la cosiddetta «cavalletta» dell’impresa Fagioli, con cui sono state installate le paratoie finora. Tanto

Il jack up Il natante che posa le paratoie prima si è rotto poi è stato superato da altri mezzi

che Linetti ha deciso di comprarla, ottenendo il riconoscim­ento dei canoni d’affitto già pagati in questi mesi, quasi fosse un leasing. Ma i commissari hanno dovuto risolvere un altro problema. Il jack-up, realizzato con i soldi dello Stato, non era intestato al Consorzio, ma alla Costruzion­i Arsenale Venezia, di proprietà delle imprese: società peraltro finita in liquidazio­ne, con il rischio che il mezzo fosse pignorato da un momento all’altro. Solo dopo tre atti notarili e l’iscrizione al Rina come armatore, il Cvn è riuscito a farlo proprio.

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Dighe mobili Nel mirino la tenuta degli steli

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