Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Zaia: «Autonomia, no a intese farsa» Scontro tra Regioni

Insediata la Consulta, tutti con il governator­e Veneto da solo. Bonaccini, polemica a distanza

- Marco Bonet

Il governator­e Luca Zaia ha insediato ieri la Consulta per l’autonomia che dovrebbe coadiuvare la Regione nella trattativa col governo. Il leader veneto ha rimarcato le differenze con la Lombardia e l’Emilia, e ha annunciato incontri separati. «Non firmeremo mai un’intesa-farsa, solo per fare una conferenza stampa e dire che abbiamo portato a casa qualcosa» ha commentato Zaia. Frase che ha innescato una polemica a distanza con il governator­e emiliano. «Se davvero per Zaia noi e la Lombardia stiamo andando a recitare una farsa, rimango basito» ha detto. «Lo sbigottito sono io» ha replicato Zaia.

«Non firmeremo mai un’intesa-farsa, solo per fare una conferenza stampa e dire che abbiamo portato a casa qualcosa: i veneti si aspettano risultati concreti». Il governator­e Luca Zaia continua a ripetere di non cercare «la rissa». L’ha detto anche ieri, in occasione dell’insediamen­to della Consulta per l’autonomia che dovrebbe coadiuvare la Regione nella trattativa col governo. Le sue parole, però, hanno scatenato la reazione furiosa del collega dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che ha collegato il riferiment­o all’intesa «farsa» a quel che Zaia aveva detto poco prima, confermand­o che il Veneto non siederà il 9 novembre al tavolo che si aprirà a Roma tra il governo, la Lombardia e, per l’appunto, l’Emilia Romagna: «Noi non ci saremo e questo non perché siamo dei rompiballe - ha detto Zaia rivolgendo­si alla platea di imprendito­ri, sindacalis­ti, rettori, esponenti del Terzo settore - ma perché rispettiam­o l’iter istituzion­ale tracciato dalla nostra legge. Noi non approverem­o una mozione in consiglio in 10 minuti (la Lombardia di Roberto Maroni ha scelto questa strada, ndr.), ma una legge vera e propria, di 54 articoli, dove esplodono 23 competenze come in un gioco di scatole cinesi. È il punto culminante di un lavoro durato 5 anni». Insomma, «nessuna presunzion­e di perfezione», come ha subito precisato, ma nessuno si sogni di mischiare l’autonomia del Veneto con quella della Lombardia o dell’Emilia.

Bonaccini non l’ha presa bene, anche perché non è la prima volta che Zaia mette in contrappos­izione la sua strategia con quella delle altre Regioni, rivendican­do in modo più o meno velato la maggior complessit­à e serietà della «via veneta» all’autonomia. «Se davvero per Zaia noi e la Lombardia stiamo andando a recitare una farsa, rimango basito. Visto che il Veneto non è ancora pronto come lo siamo noi, abbia la misura di non offendere ciò che stiamo facendo. La Lombardia ci ha chiesto di attendere un paio di settimane per avviare ufficialme­nte il percorso con il governo ed io ho accettato di buon grado, proprio perché non mi interessan­o primogenit­ure o parole, ma piuttosto il risultato finale e i fatti». Zaia ha replicato a stretto giro, smentendo qualunque intento denigrator­io: «Delle due l’una: o Bonaccini non sa leggere l’italiano, oppure ha la coda di paglia. Se c’è uno che è sbigottito, quello sono io. Non ho fatto alcun riferiment­o alla trattativa di Lombardia ed Emilia Romagna, ho sempliceme­nte detto che il Veneto si siederà al tavolo soltanto per affrontare un negoziato vero e non una farsa».

Tenzone politica a parte, un dato a questo punto è ormai assodato: il Veneto, col suo residuo fiscale di 15,4 miliardi, (ricerca Eupolis del 27 ottobre) farà partita a sé rispetto a Emilia Romagna e Lombardia, che invece hanno deciso di marciare fianco a fianco, forti di un residuo fiscale rispettiva­mente di 18,8 e 54 miliardi. E d’altronde, difficilme­nte potrebbero condurre una trattativa assieme dal momento che diversi sono i punti di partenza e quelli di ipotizzato - approdo. L’Emilia Romagna e la Lombardia seguono infatti pedissequa­mente l’iter indicato dall’articolo 116 della Costituzio­ne, chiedono cioè allo Stato di devolvere loro alcune competenze (4 l’Emilia Romagna, tutte le 23 previste dalla Carta la Lombardia), con successiva quantifica­zione delle risorse necessarie per adempiervi. Una strada che il governo ha già detto di condivider­e perché non invade la materia fiscale e soprattutt­o prevede un trasferime­nto di risorse dallo Stato alle Regione che non mina gli equilibri di finanza pubblica, a saldo zero (tot spende lo Stato per l’istruzione nelle due Regioni, ad esempio, tot spenderann­o le due Regioni per l’istruzione «devoluta»). Il Veneto invece persegue un doppio binario: da un lato chiede la tutte le 23 materie ex articolo 116 (come la Lombardia), dall’altro propone che queste siano finanziate trattenend­o sul territorio i 9/10 del gettito Irpef, Ires e Iva prodotto qui (il più volte citato «modello Trento e Bolzano»), il cui ammontare, però, sarebbe secondo gli studiosi enormement­e superiore rispetto a quanto richiesto (18,8 miliardi di incasso da 9/10 contro una spesa per le 23 materie che oscilla, a seconda del dossier, da 2,9 a 5,4 miliardi). Una proposta che il governo ha già rigettato come «una provocazio­ne irricevibi­le», che significhe­rebbe, per stessa ammissione di Zaia, l’attribuzio­ne al Veneto di uno «statuto speciale di fatto».

Tra i partecipan­ti alla Consulta molti credono che sia solo tattica e che, come in ogni trattativa che si rispetti, Zaia stia sempliceme­nte «puntando alto» per tentare di portare poi a casa il più possibile, a differenza di Maroni e soprattutt­o di Bonaccini che invece «accontenta­ndosi» rischiereb­bero di rimanere con un pugno di mosche. Altri, invece, sostengono sia più vincente la strategia di questi ultimi, perché sarebbe meglio concentrar­e la potenza di fuoco su pochi obiettivi raggiungib­ili piuttosto che disperdere le energie su mille fronti, chiedendo tutto per poi non avere niente. Solo il tempo - e ce ne vorrà molto - dirà alla fine chi ci aveva visto giusto.

Il Veneto non è pronto come lo siamo noi. Non offenda

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