Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Pericolosi i tre terroristi arrestati a Venezia»
Non dei giovanotti sprovveduti, che si limitavano a commentare i filmati diffusi sul web dallo Stato Islamico. Ma pericolosi jihadisti «ben consci di proporre e perseguire l’imposizione violenta della dottrina islamica integralista attraverso la guerra santa contro il nemico infedele». Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni (depositate ieri) della sentenza con la quale, il 13 luglio, i giudici avevano respinto il ricorso presentato da Fisnik Bekaj, Dake Haziray, e Arjan Babaj, i camerieri arrestati a Venezia con l’accusa di voler atturare un attentato terroristico.
Stando alle accuse, i tre kosovari fermati a marzo (con un quarto, minorenne) avrebbero dato vita a una cellula jihadista che, tra l’altro, ipotizzava di colpire Rialto per guadagnare subito «il paradiso».
Per la Suprema Corte devono rimanere in carcere. Dall’esame dei profili social gestiti dal terzetto, e dai pedinamenti della polizia, «appare evidente la sussistenza dei caratteri della finalità terroristica e del fine jihadista». Di «estrema importanza», osservano i giudici, sono anche gli esercizi e la frequentazione costante di una palestra del centro storico. Un «addestramento fisico (...) palesemente proiettato verso l’allenamento terroristico e non connotato da mere finalità sportive», in quando le intercettazioni provano «chiaramente» che era «finalizzato alla guerra santa».
Inoltre, la sentenza fa riferimento ai filmati che il gruppetto scaricava da internet: «La costante visualizzazione e condivisione di video con istruzioni per la costruzione di esplosivi home made, costituisce senza dubbio un elemento gravemente indiziario». Nel mirino della Corte anche le frasi intercettate dagli investigatori. Conversazioni che riguardano «l’attività concreta di addestramento, proselitismo, progettazione di partenze come foreing fighters per la Siria».
Il rischio, era che il terzetto reclutasse altri aspiranti terroristi: le cellule jihadiste - come quella che viveva nella «base di appoggio» a San Marco 1776, dove si incontravano e pregavano altri islamici - non sono strutture ingessate ma caratterizzate da «modalità di adesione “aperte” e spontaneistiche», che «propongono l’inclusione in progress di individui o “cellule” che condividono l’obiettivo terroristico».