Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Dylan Dog, tutti i volti del detective dell’incubo
A Oderzo una mostra su Dylan Dog, protagonista della serie pubblicata da Bonelli Oltre 130 tavole e un omaggio al surrealista Alberto Martini. Il disegnatore Pontrelli: «Il motivo del successo? È un eroe comune che mette in discussione se stesso»
L’arte «oscura» di Alberto Martini e il fumetto popolare di Dylan Dog. Unire questi due mondi è il fine della mostra «Dylan Dog negli incubi di Alberto Martini» che sarà inaugurata, oggi alle 20, a palazzo Foscolo di Oderzo, Treviso, sede della pinacoteca intitolata al pittore simbolista e pre-surrealista opitergino. Le oltre 130 opere originali esposte, tra tavole, copertine e omaggi a Martini fanno della mostra trevigiana una delle più importanti mai realizzate sul personaggio creato da Tiziano Scalvi nel 1986 per la Sergio Bonelli Editore. All’inaugurazione della mostra, che resterà aperta fino a fine maggio, saranno presenti molti dei disegnatori di Dylan Dog le cui opere sono esposte come Carlo Ambrosini, Marco Rincione, Luca Genovese, Ausonia, Akab, Marino Neri e l’autore del Color Fest cult «Lo scuotibare» Giorgio Pontrelli, che abbiamo intervistato.
Che cosa accomuna un artista come Martini e un personaggio come Dylan Dog?
«C’è un legame stretto tra gli incubi di Dylan Dog e l’arte di Martini. La parte simbolica è comune, basta pensare alla serie di Martini Danza Macabra e all’atmosfera di molte sue opere, analoga a quella di tante storie di Dylan Dog».
Come si è riusciti ad affiancare un esponente del pre-surrealismo ad un fenomeno editoriale contemporaneo?
«Certo sono due personaggi di mondi ed epoche diverse, ma in questa mostra diventa chiara la sinergia artistica: le loro visioni sono molto simili. In questo modo si pone un’attenzione diversa su Dylan Dog e si riconosce allo stesso tempo il genio di Martini».
Perché Dylan Dog è stato un fumetto rivoluzionario? Lo è ancora?
«Perché era un eroe comune che metteva in discussione se stesso, si poneva domande e superava i propri limiti. Credo sia ancora rivoluzionario. Certo vive di un riverbero dell’esplosione di quegli anni ma ultimamente è tornato ad essere coraggioso come un tempo, si è rimesso in discussione con nuovi personaggi, nuovi disegnatori e nuove idee».
La sua interpretazione grafica del personaggio si è ispirata a qualche disegnatore «storico»?
«All’inizio sì, penso ad Angelo Stano e Piero Dall’Agnol, ma anche a disegnatori altri come Hugo Pratt e Frank Springer. Alla fine è venuto fuori il mio Dylan; non è stato facile trovarlo, sono stati fondamentali i consigli di Roberto Recchioni». La «cura» Recchioni, direttore editoriale della testata, è stata utile a Dylan Dog?
«Da quando c’è Roberto se ne parla di nuovo. Quando ci si trova per le mani un grande personaggio si ha paura di osare, invece Recchioni gli ha dato con coraggio una spinta nuova. Agli inizi Dylan Dog spiazzava il lettore, non faceva mai contenti tutti, ora è di nuovo un terreno di discussione». Ha vinto il Premio Carlo Boscarato 2017 nella categoria «Miglior disegnatore italiano» per «Lo scuotibare».
«Oltre al premio ho avuto un’altra grande soddisfazione: una mail di Tiziano Sclavi che dice che mi vede adatto per entrare nella sua nuova serie».