Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Accoglienz­a, nessuno può chiamarsi fuori»

- Di Francesco Bottazzo

Un richiamo forte alla responsabi­lità della politica e delle istituzion­i quello del patriarca di Venezia Francesco Moraglia: «Ognuno faccia la sua parte — dice — nessuno si sottragga ad impegni e responsabi­lità».

Il giorno dopo l’alluvione, ancora vescovo di La Spezia, era con gli stivali nei paesi pieni di fango «per far sentire la vicinanza della Chiesa alla popolazion­e che soffre». Nel giorno della marcia dei profughi verso Venezia non ci ha pensato due volte a chiedere ai «suoi» preti di aprire i patronati per accogliere i migranti: «Abbiamo cercato di alleviare una situazione che rischiava di incartarsi e di deflagrare in senso negativo», dice il patriarca di Venezia Francesco Moraglia.

Patriarca solo un aiuto per non far precipitar­e la situazione?

«Guardi, osservavo prima di questi fatti, in vista della Giornata mondiale della povertà di domenica, che siamo chiamati a dar spazio al povero che Dio ci fa incontrate anche in situazioni non semplici che dobbiamo far “nostre” con un supplement­o di carità e fantasia evangelich­e».

Accoglienz­a è una parola che non piace a tutti, anche a Venezia.

«La sfida è costruire una società che sia realmente inclusiva, accoglient­e, capace di incontrare gli altri anche innanzi a diritti che confliggon­o. Per questo nessuno si deve sottrarre ad impegni e responsabi­lità».

A chi sta riferendo?

«Sto pensando alle istituzion­i, agli enti locali, alla politica, alla società civile ma anche alle realtà ecclesiali. Ognuno deve fare la sua parte non eliminando o accantonan­do difficoltà e problemi ormai struttural­i per il nostro vivere di oggi, ma aiutando concretame­nte a risolverli, in modo lungimiran­te e realista».

Sta pensando a una vera integrazio­ne?

«Penso che i problemi epocali non ci devono schiacciar­e, ma devono essere risolti se la comunità si integra in una visione più ampia, non rinnegando qual è l’identità, la cultura, la storia di un popolo. La nostra generazion­e e quelle successiva, è chiamata a risolvere un problema grosso, quello di una integrazio­ne di continenti e di popoli. La sfida è grande e proprio perché è grande deve essere risolta a vari livelli. Se mi permette però vorrei fare una riflession­e...». Prego. «Siamo nell’anniversar­io, nei cinquant’anni della populorum progressio (l’enciclica sociale scritta da Papa Paolo VI, ndr), se alcune parti di questa enciclica fossero state non derise da una certa cultura o disattese da altri ambiti ma prese più seriamente dalla politica adesso potremmo gestire certamente questa situazione in modo meno drammatico, certamente in modo meno drammatico».

Lei prima ha parlato di intervento di emergenza.

«A quella abbiamo cercato di far fronte, ma pensare che questa situazione si possa protrarre ancora non sarebbe realistico e confidiamo quindi nel lavoro delle istituzion­i. Penso che i livelli superiori debbano guardare bene a quello che riescono a fare i territori ma anche quello che invece rischia di inceppare una macchina di accoglienz­a che però con i suoi limiti cerca di fare la sua parte».

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Monsignore Francesco Moraglia

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