Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I soci privati al Tar contro 28 Comuni: «Elusa la legge»
Ventotto Comuni, quasi tutti della provincia di Treviso, sotto esame del Tribunale amministrativo regionale per aver «ottemperato» troppo diligentemente – è questo il sospetto sollevato dai ricorrenti – a un’indicazione proveniente da Asco Holding, che ha lo scopo di eludere la legge Madia in materia di dismissione delle quote di società partecipate che producano «beni e servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali».
Il ricorso al Tar è di Plavisgas, sigla di soci privati che detiene poco meno del 9% di Asco Holding e che chiede ai giudici amministrativi di annullare le delibere con cui i vari consigli comunali hanno deciso di fondere per incorporazione la società controllata Asco Tlc, anziché procedere all’unico percorso che avrebbe potuto «salvare» i Comuni stessi dall’obbligo di dismettere le quote della Holding, ossia l’incorporazione della quotata Ascopiave.
Il tema è molto intricato e ha la sua origine, come si è detto, nella norma elaborata dal ministro per la semplificazione, Marianna Madia, finalizzata a liberare gli enti locali da partecipazioni in società che non abbiano una diretta attinenza con la necessità di fornire servizi alla popolazione dell’area governata. Essendo Asco Holding una multiutility che opera in comuni ormai in buona parte non propri soci, vende energia a grossisti e utenti finali distribuiti su tutto il territorio nazionale e che, per la componente di attività legata alle telecomunicazioni (attraverso la controllata Asco Tlc), agisce in tutto e per tutto come un qualsiasi fornitore sul mercato libero, secondo i ricorrenti i Comuni portarti davanti al Tar non avrebbero avuto alcuna difficoltà a riconoscere che le proprie quote dovevano essere dismesse.
Ma la ricognizione non è stata fatta e, inoltre, per ovviare a un altro limite posto dalla legge Madia, secondo il quale la sovrabbondanza di amministratori rispetto ai dipendenti avrebbe imposto un piano di riassetto, ecco che gli enti «incriminati» avrebbero superato il vulnus incorporando Asco Tlc. Tutto questo mentre altri 15 Comuni, anch’essi soci, secondo Plavisgas, avrebbero invece agito correttamente indicando la fusione di Ascopiave anziché quella di Asco Tlc, in modo da consentire una «quotazione inversa» e assicurarsi la possibilità di conservare le redditizie partecipazioni.
Perché, allora, i più avrebbero optato per la via sbagliata? La scelta, ritiene Plavisgas, è volta «al mantenimento di partecipazioni societarie da dismettere e all’elusione della mancanza di dipendenti (della holding) con conseguente “salvezza” del ruolo e della carica degli amministratori di Asco Holding, espressione degli enti locali soci». A questo punto, per decodificare l’enigma, basta solo unire con un tratto di penna i puntini rappresentati dai Comuni indiziati e sovrapporre la curva che ne esce con la distribuzione geografica di un certo tipo di consenso politico (leghista). Ad aiutare c’è la citazione a pagina 23 di uno dei due ricorsi in cui il sindaco di Spresiano, in un’assemblea, dice testualmente «ragazzi, no so voialtri, ma mi go bisogno de schei». Ma non avendo compiuto, entro il termine di legge del 30 settembre 2017, la ricognizione sulle proprie quote, per i ricorrenti consegue che «le Amministrazioni resistenti non potranno esercitare i diritti sociali nei confronti di Asco Holding fino all’alienazione delle partecipazioni». (g.f.)