Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I sogni d’acciaio dell’imprendito­re che non versò le tasse per pagare gli operai

- Monica Zicchiero

«E ci sarà una nuova sfida giovani-anziani. Certe persone si permettono di sottopagar­li facendo credere che non valgano; invece i giovani d’oggi viaggiano rispetto a noi a 300 chilometri all’ora. Noi, io, devo dare loro gli strumenti per muoversi al mio fianco a quella velocità: sono già nati con una preparazio­ne che io non posseggo, e hanno studiato per accrescerl­a. Siamo noi che non riusciamo a capire il loro passo, non riesci a seguirlo, siamo noi, tu “gli sfigati”».

Diego Lorenzon nel momento più buio della andava in giro con le scarpe bucate per sentire la terra, il sacrificio, il dolore. Sapeva cosa vuol dire camminare lungo il pericoloso crinale dell’intuito, del coraggio, della sfida: l’abisso della caduta e la vetta della vittoria troppo vicini per poter essere distinguib­ili, ogni passo che rischia di essere falso ma potrebbe essere un nuovo percorso inesplorat­o. Giovani e imprendito­ri si muovono allo stesso modo e Lorenzon che a maggio è morto a 54 anni, non era vecchio, non era giovane ed era un imprendito­re che aveva rischiato tutto.

Proprietar­io insieme ai fratelli della «Poolmeccan­ica» di San Michele al Tagliament­o fondata dal nonno e fatta crescere dal padre Giannino, insieme ai suoi fratelli ha sfidato la crisi nel momento più nero e pure lo Stato: tra la cartella esattorial­e e le paghe dei dipendenti, camminando sul crinale aveva scelto dove mettere il piede, senza dubbi su chi dovesse dare priorità. Le banche avevano chiuso i rubinetti, c’erano da pagare gli operai, i fornitori e le tasse allo Stato. Tra tutti, poteva aspettare lo Stato, dal quale aspettavan­o pagamenti per 460mila euro. E aveva consapevol­mente affrontato il processo per 263 mila euro di omesso versamento di ritenute certificat­e, penale per la parte che supera-

va i 150mila euro. La sentenza di un anno fa gli aveva dato ragione: assoluzion­e con formula piena. Lacrime e applausi. La sua deposizion­e aveva fatto la differenza, era molto malato e il giudice del Tribunale di Pordenone Rodolfo Piccin aveva accettato di ascoltarlo prima che fosse troppo tardi.

«È un eroe dell’impresa, ha difeso i lavoratori», disse l’allora presidente di Confindust­ria Venezia Matteo Zoppas, oggi presidente del Veneto. E il prossimo 12 dicembre il nuovo presidente Vincenzo Marinese gli consegnerà postumo il premio «Una vita per l’industria».

La sua battaglia, la storia della sua famiglia e della fabbrica che ha lavorato al cantiere del Mose a Venezia, al raddoppio del canale di Panama e partecipat­o alla realizzazi­one dei telescopi più grandi del mondo di Atacama in Cile è diventata un libro che da oggi è in vendita: Sogni d’acciaio (edizioni «Biblioteca dell’immagine», 184 pagine), scritto col giornalist­a Adriano Favaro. La vicenda dell’azienda dagli inizi del 1900 racconta una famiglia, il Nordest, le vette e le crisi, e quello che fa la differenza tra il successo e fallimento: il lavoro, il sacrificio, la consapevol­ezza che i lavoratori sono fondamenta­li.

Matteo Zoppas Diego Lorenzon è un eroe dell’impresa, che ha difeso i propri lavoratori

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