Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I sogni d’acciaio dell’imprenditore che non versò le tasse per pagare gli operai
«E ci sarà una nuova sfida giovani-anziani. Certe persone si permettono di sottopagarli facendo credere che non valgano; invece i giovani d’oggi viaggiano rispetto a noi a 300 chilometri all’ora. Noi, io, devo dare loro gli strumenti per muoversi al mio fianco a quella velocità: sono già nati con una preparazione che io non posseggo, e hanno studiato per accrescerla. Siamo noi che non riusciamo a capire il loro passo, non riesci a seguirlo, siamo noi, tu “gli sfigati”».
Diego Lorenzon nel momento più buio della andava in giro con le scarpe bucate per sentire la terra, il sacrificio, il dolore. Sapeva cosa vuol dire camminare lungo il pericoloso crinale dell’intuito, del coraggio, della sfida: l’abisso della caduta e la vetta della vittoria troppo vicini per poter essere distinguibili, ogni passo che rischia di essere falso ma potrebbe essere un nuovo percorso inesplorato. Giovani e imprenditori si muovono allo stesso modo e Lorenzon che a maggio è morto a 54 anni, non era vecchio, non era giovane ed era un imprenditore che aveva rischiato tutto.
Proprietario insieme ai fratelli della «Poolmeccanica» di San Michele al Tagliamento fondata dal nonno e fatta crescere dal padre Giannino, insieme ai suoi fratelli ha sfidato la crisi nel momento più nero e pure lo Stato: tra la cartella esattoriale e le paghe dei dipendenti, camminando sul crinale aveva scelto dove mettere il piede, senza dubbi su chi dovesse dare priorità. Le banche avevano chiuso i rubinetti, c’erano da pagare gli operai, i fornitori e le tasse allo Stato. Tra tutti, poteva aspettare lo Stato, dal quale aspettavano pagamenti per 460mila euro. E aveva consapevolmente affrontato il processo per 263 mila euro di omesso versamento di ritenute certificate, penale per la parte che supera-
va i 150mila euro. La sentenza di un anno fa gli aveva dato ragione: assoluzione con formula piena. Lacrime e applausi. La sua deposizione aveva fatto la differenza, era molto malato e il giudice del Tribunale di Pordenone Rodolfo Piccin aveva accettato di ascoltarlo prima che fosse troppo tardi.
«È un eroe dell’impresa, ha difeso i lavoratori», disse l’allora presidente di Confindustria Venezia Matteo Zoppas, oggi presidente del Veneto. E il prossimo 12 dicembre il nuovo presidente Vincenzo Marinese gli consegnerà postumo il premio «Una vita per l’industria».
La sua battaglia, la storia della sua famiglia e della fabbrica che ha lavorato al cantiere del Mose a Venezia, al raddoppio del canale di Panama e partecipato alla realizzazione dei telescopi più grandi del mondo di Atacama in Cile è diventata un libro che da oggi è in vendita: Sogni d’acciaio (edizioni «Biblioteca dell’immagine», 184 pagine), scritto col giornalista Adriano Favaro. La vicenda dell’azienda dagli inizi del 1900 racconta una famiglia, il Nordest, le vette e le crisi, e quello che fa la differenza tra il successo e fallimento: il lavoro, il sacrificio, la consapevolezza che i lavoratori sono fondamentali.
Matteo Zoppas Diego Lorenzon è un eroe dell’impresa, che ha difeso i propri lavoratori