Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Eterno dilemma sulla caccia nel Parco del Delta del Po
Il Parco Veneto Delta del Po è istituito da vent’anni e nell’articolo di domenica scorsa ho proposto di «mandarlo in pensione». Mi sono giunte critiche da ambientalisti, secondo cui sarei favorevole a un’incontrollata e più estesa edificazione ed a un libero taglio boschivo. Sbagliano: l’Ente Parco non ha stabilito nuovi vincoli ambientali in quanto l’articolo 4 della sua legge istitutiva stabilisce:«Il Piano d’Area del Delta del Po costituisce riferimento per la redazione del Piano del parco che non potrà porre ulteriori vincoli di tutela ambientale». Il Piano d’Area, approvato dal consiglio regionale il 5 ottobre 1994 comprende anche zone del Delta fuori del perimetro del parco e pure lì per costruire è necessaria l’autorizzazione paesaggistica, estesa anche agli ulteriori vincoli introdotti da D.lvo n. 42/2004. Competente sarebbe, anche per le aree ora di pertinenza del Parco, l’autorità comunale, come lo è ora per le residue del Piano d’Area: niente di nuovo quindi sotto il profilo ambientale. La questione di fondo è costituita dal fatto che la normativa nazionale vieta la caccia nei parchi e da tempo alcune organizzazioni venatorie si battono per eliminare il divieto. Anche senza l’Ente Parco il Delta non sarebbe «terra di conquista», in quanto buona parte è inclusa tra le zone Sic e Zps istituite ai sensi della Direttiva Habitat 92/42/Cee sulla protezione di animali e vegetali. Il Consiglio di Stato con sentenza 18 maggio 2012 ha affermato che tali zone non sono assimilabili a quelle dei parchi, per cui, con limitazioni più o meno estese, soprattutto con riferimento ad alcuni animali, la caccia può essere esercitata. Il piano di gestione delle zone Sic e Zps è già stato predisposto, ma non ancora esaminato dal consiglio regionale. Non sono cacciatore, ma non escluderei nel Delta l’esercizio di una caccia controllata, possibile a seguito dell’eliminazione del Parco.