Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Notte sui libri per salvare un paziente il «caso Montebelluna» fa scuola
Quella terapia era stata sperimentata una volta sola in Giappone su un unico paziente con esiti positivi, in Italia era praticamente sconosciuta ma era l’unica speranza. È stata una minuziosa ricerca durata una notte intera a portare i medici dell’ospedale di Montebelluna a confronto con quel caso registrato dall’altra parte del mondo. E così hanno salvato la vita a un uomo di 73 anni, lo scorso marzo, ricorrendo alla circolazione extracorporea.
Ora stanno per pubblicare un articolo che permetterà anche ad altri specialisti di compiere lo stesso risultato eccezionale: grazie a un filtro speciale hanno depurato il sangue del suo corpo, quasi fatalmente debilitato a causa di un farmaco per il cuore al quale aveva avuto una pericolosa reazione avversa. Oggi quell’uomo sta bene, è tornato a casa e ha voluto esprimere la sua totale gratitudine per l’équipe medica.
Il paziente, con una datata patologia cardiaca, precedenti ricoveri e un intervento di bypass, era stato curato con l’Amiodarone, un farmaco anti-aritmie ritenuto «salvavita», una terapia standard in casi simili.
Nell’uomo però si erano sviluppati, proprio a seguito di questa somministrazione, gravi effetti collaterali. Quando è arrivato a Montebelluna, non riusciva a respirare, le sue condizioni erano drammatiche. Il primario del reparto di rianimazione Moreno Agostini e il suo collaboratore Federico Caria hanno passato tutta la notte a cercare una soluzione: «Prima di arrivare a questa diagnosi abbiamo dovuto escludere tutte le altre – spiega Agostini -. Poi abbiamo trovato questo articolo giapponese di un caso risolto con successo. Abbiamo preso coraggio, abbiamo chiesto al paziente se fosse disposto a fare un tentativo, ed è stata l’intuizione giusta: abbiamo ripulito il suo sangue attraverso il Toraymyxin, un filtro che rimuove l’entodossina nei pazienti settici». È stata la sua salvezza; sono stati necessari altri interventi perché l’anziano potesse riprendersi completamente, ma la pulizia del sangue è stata fondamentale. «Abbiamo presentato il caso al congresso nazionale e pubblicheremo un articolo, assieme ai colleghi anestesisti, perché possa essere studiato». «Questo intervento dimostra la grande capacità dei nostri medici di fare i medici, ovvero di ragionare su un caso complesso individuando la migliore modalità per affrontarlo – ha commentato il direttore generale Francesco Benazzi -. Evidenzia una sempre maggiore attenzione alla persona e un ottimo lavoro di equipe».