Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Asco, in assemblea arriva lo scontro tra la Lega e Plavis
IL CASO DOMANI L’ASSEMBLEA DELLA HOLDING La fusione Holding-Piave per non perdere il controllo
Le scorciatoie della Lega per aggirare la legge Madia e le trappole legali tese dai soci privati di Plavis per smascherarle, che rischiano di costare ai Comuni l’esclusione dalla società. Sono i rischi aperti intorno alla vicenda di Asco Holding-Ascopiave.
Asco, le tagliole legali dei soci privati sono già tese in fondo alle scorciatoie della Lega. Rischia di andare in scena domani, nell’assemblea dei soci, lo scontro in Asco Holding, la società con cui 90 Comuni trevigiani controllano il 61,5% della utility del gas Ascopiave, la spa quotata da mezzo miliardo di euro di ricavi e 53 milioni di utile nel 2016, tra i maggiori operatori nazionali nella vendita e distribuzione, con un miliardo di metri cubi venduti l’anno a 1,5 milioni di clienti.
Peccato che sulla corsa del gruppo, con il ritorno ai dividendi anche per i Comuni, dopo gli anni difficili della ristrutturazione seguita all’avventura in Sinergie Italiane, pesi la guerra legale tra i Comuni della Lega e i soci privati di Plavisgas, che un anno e mezzo fa avevano acquistato l’8,6% della Holding, evitando il rischio che le vendite delle azioni di alcuni Comuni, per far cassa, aprissero la porta ad altre utility per conquistare il «forziere» Ascopiave, che tutti vogliono visto che non è indebitata. Lo scontro riguarda la via d’uscita dalla legge Madia, che impone la vendita delle società a controllo pubblico, a meno che non siano quotate o destinate alla Borsa.
La ovvia strada maestra a quel punto diventa la fusione inversa della Holding nella quotata Piave, cristallizzando l’attuale asse Comuni-privati in un patto di sindacato, come succede in altre utility, ad esempio nella Hera a cui partecipa anche Padova. Ma così facendo verrebbe di fatto meno la presa diretta della Lega sulla galassia Asco, grazie alla metà del 61% delle azioni Piave custodite nella Holding: diluite nella quotata diventerebbero un 30% insufficiente per far tutto da soli. Proprio adesso che la Lega del segretario regionale Toni Da Re, dopo che la gestione è stata risanata, è tornata a stringere la presa sulla società, nominando alla presidenza, al posto di Fulvio Zugno, Nicola Cecconato, il commercialista vicino al presidente della Regione Luca Zaia, già nominato presidente dei revisori dei conti della finanziaria regionale Veneto Sviluppo. Con il corollario della tentazione di mettere alla porta il direttore generale Roberto Gumirato, l’artefice del risanamento e della gestione che aveva convinto anche i privati ad investire.
Così la soluzione architettata è la fusione della Holding non nella Piave, ma nella controllata della fibra ottica Asco Tlc, secondo un parere legale che la Holding passa ai Comuni. Aggiramento bell’e buono della Madia, avevano avvertito i privati di Plavis (dentro, con le famiglie imprenditoriali Stevanato, Codognotto, Dal Mas e De Bortoli, l’imprenditore Oscar Marchetto e l’avvocato Massimo Malvestio che ha creato la Sgr Praude) i Comuni, chiamati a votare entro il 30 settembre la delibera con la soluzione da portare nell’assemblea della Holding. Infatti scattano le impugnazioni al Tar delle delibere della trentina di Comuni favorevoli all’operazione Holding-Tlc, e le citazioni per falso in atto pubblico in Procura a Treviso. Atti che fanno capire la determinazione dei privati nel percorrere la loro linea, che punta a far decadere le delibere e ad escludere i Comuni favorevoli alla soluzione Tlc. L’esito sarebbe l’obbligo di vendere le azioni, in prelazione agli altri soci. Ovvero ai privati, visto che agli altri Comuni non è permesso.
E non è nemmeno lo scenario peggiore, se i privati dovessero aver ragione. Perché il rischio è che tutti i Comuni, compresi quelli favorevoli alla fusione con la Piave, siano comunque costretti, come impone la Madia, a vendere le loro quote, consegnando di fatto ai privati la società, se entro il 23 marzo 2018 le assemblee dei soci non avranno approvato la fusione con la Piave quotata. E dovranno anche spiegare il danno erariale prodotto dal dover disfarsi di un titolo che si è scelto di non quotare, che per definizione ha un prezzo inferiore. Aprendo lo scenario che i Comuni favorevoli alla fusione nella Piave facciano causa agli altri.
La prospettiva, ovvio, ha scompaginato il fronte dei proTlc. Tanto che domani in assemblea difficilmente si arriverà a un voto sulle due scelte all’ordine del giorno, la fusione nella Tlc (avrebbe il 44% dei voti) e nella Piave (sotto il 20%). «Per me questa è la strada per valorizzare la società», dice il sindaco di Spresiano, Marco Della Pietra, tra i più decisi sostenitori di questa linea. «Credo sia opportuno attendere i pronunciamenti al Tar. E nel frattempo pensare al futuro della società», dice per parte sua il presidente Giorgio Della Giustina. Salvo che di tempo per decidere non ne è rimasto molto. Anche a prender per buono lo scenario di una liquidazione dei privati di Plavis con un misto di acquisto azioni proprie della Piave e di un intervento di imprenditori vicini alla Lega. Perché il rischio che il 23 marzo i Comuni siano estromessi dalla proprietà resta comunque sul tavolo.