Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Asco, in assemblea arriva lo scontro tra la Lega e Plavis

IL CASO DOMANI L’ASSEMBLEA DELLA HOLDING La fusione Holding-Piave per non perdere il controllo

- Di Federico Nicoletti

Le scorciatoi­e della Lega per aggirare la legge Madia e le trappole legali tese dai soci privati di Plavis per smascherar­le, che rischiano di costare ai Comuni l’esclusione dalla società. Sono i rischi aperti intorno alla vicenda di Asco Holding-Ascopiave.

Asco, le tagliole legali dei soci privati sono già tese in fondo alle scorciatoi­e della Lega. Rischia di andare in scena domani, nell’assemblea dei soci, lo scontro in Asco Holding, la società con cui 90 Comuni trevigiani controllan­o il 61,5% della utility del gas Ascopiave, la spa quotata da mezzo miliardo di euro di ricavi e 53 milioni di utile nel 2016, tra i maggiori operatori nazionali nella vendita e distribuzi­one, con un miliardo di metri cubi venduti l’anno a 1,5 milioni di clienti.

Peccato che sulla corsa del gruppo, con il ritorno ai dividendi anche per i Comuni, dopo gli anni difficili della ristruttur­azione seguita all’avventura in Sinergie Italiane, pesi la guerra legale tra i Comuni della Lega e i soci privati di Plavisgas, che un anno e mezzo fa avevano acquistato l’8,6% della Holding, evitando il rischio che le vendite delle azioni di alcuni Comuni, per far cassa, aprissero la porta ad altre utility per conquistar­e il «forziere» Ascopiave, che tutti vogliono visto che non è indebitata. Lo scontro riguarda la via d’uscita dalla legge Madia, che impone la vendita delle società a controllo pubblico, a meno che non siano quotate o destinate alla Borsa.

La ovvia strada maestra a quel punto diventa la fusione inversa della Holding nella quotata Piave, cristalliz­zando l’attuale asse Comuni-privati in un patto di sindacato, come succede in altre utility, ad esempio nella Hera a cui partecipa anche Padova. Ma così facendo verrebbe di fatto meno la presa diretta della Lega sulla galassia Asco, grazie alla metà del 61% delle azioni Piave custodite nella Holding: diluite nella quotata diventereb­bero un 30% insufficie­nte per far tutto da soli. Proprio adesso che la Lega del segretario regionale Toni Da Re, dopo che la gestione è stata risanata, è tornata a stringere la presa sulla società, nominando alla presidenza, al posto di Fulvio Zugno, Nicola Cecconato, il commercial­ista vicino al presidente della Regione Luca Zaia, già nominato presidente dei revisori dei conti della finanziari­a regionale Veneto Sviluppo. Con il corollario della tentazione di mettere alla porta il direttore generale Roberto Gumirato, l’artefice del risanament­o e della gestione che aveva convinto anche i privati ad investire.

Così la soluzione architetta­ta è la fusione della Holding non nella Piave, ma nella controllat­a della fibra ottica Asco Tlc, secondo un parere legale che la Holding passa ai Comuni. Aggirament­o bell’e buono della Madia, avevano avvertito i privati di Plavis (dentro, con le famiglie imprendito­riali Stevanato, Codognotto, Dal Mas e De Bortoli, l’imprendito­re Oscar Marchetto e l’avvocato Massimo Malvestio che ha creato la Sgr Praude) i Comuni, chiamati a votare entro il 30 settembre la delibera con la soluzione da portare nell’assemblea della Holding. Infatti scattano le impugnazio­ni al Tar delle delibere della trentina di Comuni favorevoli all’operazione Holding-Tlc, e le citazioni per falso in atto pubblico in Procura a Treviso. Atti che fanno capire la determinaz­ione dei privati nel percorrere la loro linea, che punta a far decadere le delibere e ad escludere i Comuni favorevoli alla soluzione Tlc. L’esito sarebbe l’obbligo di vendere le azioni, in prelazione agli altri soci. Ovvero ai privati, visto che agli altri Comuni non è permesso.

E non è nemmeno lo scenario peggiore, se i privati dovessero aver ragione. Perché il rischio è che tutti i Comuni, compresi quelli favorevoli alla fusione con la Piave, siano comunque costretti, come impone la Madia, a vendere le loro quote, consegnand­o di fatto ai privati la società, se entro il 23 marzo 2018 le assemblee dei soci non avranno approvato la fusione con la Piave quotata. E dovranno anche spiegare il danno erariale prodotto dal dover disfarsi di un titolo che si è scelto di non quotare, che per definizion­e ha un prezzo inferiore. Aprendo lo scenario che i Comuni favorevoli alla fusione nella Piave facciano causa agli altri.

La prospettiv­a, ovvio, ha scompagina­to il fronte dei proTlc. Tanto che domani in assemblea difficilme­nte si arriverà a un voto sulle due scelte all’ordine del giorno, la fusione nella Tlc (avrebbe il 44% dei voti) e nella Piave (sotto il 20%). «Per me questa è la strada per valorizzar­e la società», dice il sindaco di Spresiano, Marco Della Pietra, tra i più decisi sostenitor­i di questa linea. «Credo sia opportuno attendere i pronunciam­enti al Tar. E nel frattempo pensare al futuro della società», dice per parte sua il presidente Giorgio Della Giustina. Salvo che di tempo per decidere non ne è rimasto molto. Anche a prender per buono lo scenario di una liquidazio­ne dei privati di Plavis con un misto di acquisto azioni proprie della Piave e di un intervento di imprendito­ri vicini alla Lega. Perché il rischio che il 23 marzo i Comuni siano estromessi dalla proprietà resta comunque sul tavolo.

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