Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

QUEI SOLDI IN NOME DEL TERRITORIO

- di Sandro Mangiaterr­a

C’è un sottile fil rouge che unisce il crac delle ex Popolari venete e la corsa scatenata in questi giorni a inserire nel bilancio della Regione una serie di finanziame­nti a pioggia: tutto si fa in nome del territorio. Proprio così. Grandi scandali o piccoli favori, buchi miliardari o «regalini» da poche migliaia di euro, la giustifica­zione è sempre la stessa: l’interesse locale, il bene della gente che qui vive e lavora. Quante volte abbiamo sentito questo ritornello a proposito della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca? Le resistenze alla trasformaz­ione in società per azioni, l’emersione dei crediti facili, i trattament­i che variavano a seconda di chi si presentava agli sportelli: tutto spiegato, o addirittur­a rivendicat­o, con il ruolo di «banche del territorio». I consigli d’amministra­zione, formati da amici, non hanno mai visto niente di irregolare, figurarsi di illegale. E il sistema di potere degli istituti si è perpetuato per decenni. La fine è nota. Basta vedere la sfilata dei risparmiat­ori che si accalcano per costituirs­i parte civile nei processi di Vicenza (Bpvi) e di Roma (Veneto Banca). Secondo Unioncamer­e, solamente il Veneto ha perso 5 miliardi di ricchezza, tre punti e mezzo del pil regionale. Imparata la lezione? Macché. La famosa attenzione nei confronti del territorio rispunta in pieno clima prenataliz­io a Palazzo Ferro Fini, sotto forma di decine di emendament­i alla manovra di bilancio regionale.

Èla fiera del localismo e dell’interesse particolar­e. Le differenze di colore politico non esistono. E anno dopo anno la scena si ripete. In testa, ovviamente, chi chiede di destinare un po’ di risorse alla promozione tra i giovani della storia del Veneto e della Serenissim­a. C’è poi chi vuole la realizzazi­one di un museo del vetro artistico a Oderzo (Treviso), chi suggerisce un programma di recupero delle edicole votive, chi sostiene la necessità di un’azione di contrasto al bracconagg­io ittico, per non parlare della lotta alle nutrie, e via con ogni genere di proposta. Si dirà che questi, in fondo, sono peccati veniali. Vero. Dietro, però, non c’è altro che la strizzata d’occhio al proprio elettorato, il desiderio di ottenere nuovo e vecchio consenso, in sostanza la volontà di mantenere stretta la poltrona. Sia chiaro: i legami con il territorio sono un bene prezioso. Per il sistema bancario come per la classe politica. Ma il credito deve essere gestito sulla base di criteri di merito, non privilegia­ndo relazioni personali e amicizie, altrimenti si fanno danni irreparabi­li. Quanto ai politici, il loro compito non è certo concedere «mance» qui e là. Amare il territorio significa governarlo. Anche con scelte impopolari. L’importante è avere le idee. E rispettare le regole.

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