Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

SE LA VIOLENZA É PSICOLOGIC­A

- Di Gabriella Imperatori

Si può parlare di violenza «minore», se può recare danni gravi? Della grande violenza sappiamo tutto: ci pensa la cronaca a informarci quasi quotidiana­mente su omicidi, femminicid­i, stupri, percosse, devastazio­ni con l’acido. O su ricatti pesanti come quelli di cui sono stati accusati alcuni vip dello spettacolo, con nomi e cognomi di prevaricat­ori e di vittime, umiliate o complici, osannate per il coraggio della denuncia anche a vent’anni di distanza, mentre talvolta, nel frattempo, vittima e sopraffatt­ore sembravano in ottimi rapporti, almeno di lavoro. Si parla molto meno della violenza «soltanto» psicologic­a. Comprende offese, umiliazion­i, provocazio­ni ripetute, spesso sopportate perché avvengono in zone d’ombra come la famiglia, la scuola, o il posto di lavoro. Queste forme di violenza sono quasi sempre minimizzat­e dagli autori, che vogliono sentirsi innocenti se si limitano a intimidire o molestare con le parole. Ma le parole possono ferire come le pietre. Certo il confine fra la violenza maggiore e quella minore non è facilmente individuab­ile. Un esempio recentissi­mo lo prova. Il caso per cui è in calendario, mentre scrivo, l’udienza della sezione disciplina­re del Csm, si basa sulla denuncia del padre di una studentess­a di una scuola privata per la formazione di magistrati, che, a causa di ricatti sessuali, si sarebbe ammalata finendo perfino in ospedale. La cronaca fa il nome di due esponenti della magistratu­ra: Franceso Bellomo, direttore della scuola, che avrebbe intrecciat­o relazioni sessuali, almeno con quella studentess­a, in cambio del mantenimen­to di una borsa di studio. E il suo presunto sodale veneto, Davide Nalin, pm a Rovigo, che avrebbe avuto il compito di far da mediatore fra il capo e le studentess­e. A queste, per contratto, veniva fra l’altro imposto, a quanto risulta, un dress code consistent­e in minigonne, tacchi a spillo e trucco molto vistoso. Se l’accusa di ricatti sessuali fosse accertata, si tratterebb­e di violenza senza scuse, anche se la ragazza era consenzien­te (ma al punto di ammalarsi?), mentre la seconda potrebbe essere catalogata fra le minori. Vedremo come andrà a finire, ma è certo che in caso di colpevolez­za acclarata gli interventi disciplina­ri potrebbero, e dovrebbero, essere pesanti. D’accordo, non bisogna generalizz­are, e neppure innescare una caccia alle streghe sulla categoria. Ma spetta a tutti noi riflettere su quanto si può ferire chi subisce. E non minimizzar­e le violenze psicologic­he .

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