Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Lavoro, più dimissioni: «Via dai ritmi pesanti»

Treviso, la Cisl rileva il trend su settemila uscite volontarie: «I premi da soli non bastano più»

- Gianni Favero

Ci sono gli operai che rifiutano gli straordina­ri, come da intervento di un imprendito­re nella pre assise di Confindust­ria Veneto, martedì scorso, a Mogliano Veneto, per evitare di sfondare la soglia di reddito oltre la quale non si ha più diritto agli 80 euro (detassati) del «Bonus Renzi». E ci sono i lavoratori che abbandonan­o un posto garantito perché, anche a parità di salario, trovano un’occupazion­e meno impiccata a turni, flessibili­tà spinta e obiettivi di produzione. Che ci sia o meno un premio a fine anno, in base ad una contrattaz­ione interna, non ha nessuna importanza. Vita è vita, finalmente il mercato si è un po’ riaperto e se si può scegliere si sceglie di respirare. Cronache dal Veneto all’alba del primo giorno dopo la crisi, e ne parla chi queste dinamiche le osserva da vicino tutti i giorni.

«Nel Trevigiano abbiamo contato quasi settemila dimissioni volontarie nel solo ultimo anno – spiega Cinzia Bonan, segretaria generale della Cisl di Treviso Belluno – quindi in evidente crescita. Non di rado si tratta di lavoratori che preferisco­no anche ‘saltare’ a proprie spese l’obbligo di preavviso e che lasciano l’occupazion­e di ieri per entrare, oggi, in una nuova azienda. A volte guadagnano qualcosa in più, altre volte neppure questo. Cercano un impiego con ritmi più umani, che permetta una migliore conciliazi­one fra tempi di vita e di lavoro e puntano ad imprese più piccole e magari meno strutturat­e. Di correre tutta la settimana, magari anche il sabato o di notte, per far raggiunger­e alla loro impresa precedente i target di crescita che danno diritto al gettone di fine anno non ne possono più».

Hanno resistito e tenuto stretto un lavoro, perché non ce n’erano di migliori in giro, è insomma l’interpreta­zione. Ma adesso, «con la pancia», saltano sulle alternativ­e che stanno iniziando ad arrivare. E sono opportunit­à che rifiorisco­no non tanto nell’industria, quanto nell’artigianat­o e nel terziario, settori in cui la dinamica delle nuove assunzioni appare più vitale.

Bonan abbozza un’altra analisi a supporto del fenomeno, legata al cambiament­o di atteggiame­nto degli immigrati. «Fino ad alcuni anni fa gli stranieri lavoravano a testa bassa undici mesi l’anno, sopportand­o tutti i turni possibili, per avere la soddisfazi­one di rientrare in vacanza in patria e dimostrare cosa erano stati capaci di fare in Europa. Oggi, con le nuove generazion­i, l’ambiente di riferiment­o è diventato il nostro, la qualità della vita è un valore anche per loro e non ha più alcun senso esibire le conquistat­e ricchezze nelle patrie d’origine».

Ma la «fuga», a quanto risulta alla Cisl, non è solo dalle fabbriche. Grande distribuzi­one e catene alberghier­e sembrano essere diventati luoghi in cui operare in modo da far contento il datore è diventato sempre più difficile; e così si cambia. Anche se l’avanzata dei contratti a tempo determinat­o, nel Trevigiano come nel Veneto come in Italia, non si raffredda. I rapporti a termine riguardano ormai una nuova assunzione su due mentre quelle a tempo indetermin­ato scivolano all’11% del totale contro il 13% di un anno fa.

I dubbi sulle dimissioni degli scontenti trova in ogni caso alcune perplessit­à nel mondo dell’industria. Luciano Miotto, presidente di Imesa e già delegato di Confindust­ria Veneto per le relazioni industrial­i, ritiene che siano invece le imprese più grandi a rispettare mediamente di più la qualità del lavoro: «Gli investimen­ti compiuti in questi anni in attrezzatu­re attenuano la necessità di ricorrere a straordina­ri – spiega – e nel mio caso siamo ben lontani dalle 130 ore alle quali eravamo arrivati nel 2008». Il malessere sulle linee è un argomento che incontra poco anche il pensiero di Fabio Franceschi, patron di Grafica Veneta. «Abbiamo figure che vanno dallo psicologo all’avvocato a disposizio­ne dei nostri collaborat­ori – spiega – e abbiamo capito da tanto tempo come il benessere di chi produce sia direttamen­te collegato alla qualità del prodotto. Una volta avevo 40 iscritti al sindacato e oggi ne ho quattro. Qualcosa vorrà dire».

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Svolta la segretaria Cisl di Treviso, Cinzia Bonan, ieri alla presentazi­one della ricerca

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