Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Mi hanno telefonato ieri cura sospesa e io che faccio?»
Il dramma di un padre: «Su mio figlio funzionava»
Venerdì mattina a Lonigo. A casa di Dario, padre di quattro figli, squilla il telefono. Risponde la moglie: dall’altro capo del filo un operatore del Centro trasfusionale dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. «Buongiorno signora, mi scuso ma devo disdire l’appuntamento di oggi pomeriggio per la plasmaferesi di suo figlio. A causa di un disguido tra il ministero della Salute e la Regione, la terapia è momentaneamente sospesa, in attesa di nuove indicazioni ufficiali». «Tutto ciò capita a due sedute dalla fine del trattamento — spiega il signor Dario — mio figlio, che ha 18 anni, ne ha affrontate quattro. E ci hanno spiegato che i livelli di Pfas nel suo sangue sono scesi da 190 nanogrammi per litro a 120, quindi la tecnica funzionava. E proprio ora l’interrompono. In noi montano rabbia, sfiducia, smarrimento, soprattutto per i motivi alla base di questa decisione, che nulla hanno a che fare con la scienza ma sono il frutto di una politica irrispettosa del bene e della salute della gente. Ma a chi siamo in mano? Le istituzioni, mentre litigano tra loro, si rendono conto che stanno giocando con la vita dei nostri figli?».
Il suo primogenito, 20 anni, e il terzogenito, che ne ha 15, devono sottoporsi allo screening, come i genitori. Per ora è invece escluso dai controlli, riservati agli abitanti dei 21 Comuni dell’area rossa di età compresa tra 14 e 65 anni, il piccolo di 7. «Non sapremo mai quali saranno le reali conseguenze dei Pfas nel nostro organismo — riflette Dario — ma pensavamo che la plasmaferesi servisse almeno a ridurli. Il ministro Beatrice Lorenzin dice che non ci sono evidenze scientifiche a tal proposito, però i risultati sul sangue di mio figlio ci sono e io mi devo fidare della parola dei medici. La sensazione che stiamo vivendo è di non essere trattati adeguatamente, nemmeno dal punto di vista umano e della correttezza».