Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

De Bortoli tra banche, politica e digitale «Ai giovani dico non accontenta­tevi»

L’ex direttore del Corsera vince il premio Tomaselli e incontra gli studenti

- di Alessandro Macciò

Ad ascoltarlo c’erano duecento studenti padovani e veneziani delle scuole medie e superiori. E ieri, ritirando il premio giornalist­ico «Cesco Tomaselli» a Borgoricco, Ferruccio de Bortoli si è rivolto soprattutt­o a loro: l’ex direttore del Corriere della sera, premiato come «grande testimone del miglior giornalism­o italiano e custode dei valori della profession­e» per il suo ultimo libro Poteri forti (o quasi), ha spaziato dalla politica al mondo dell’informazio­ne con lo sguardo rivolto al futuro. Il presente è scandito dalle polemiche sulle banche e sul ruolo di Maria Elena Boschi; a innescarle è stato proprio il libro di de Bortoli, secondo cui il ministro avrebbe proposto all’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni l’acquisto di Banca Etruria. E dopo la querela della Boschi, ieri de Bortoli ha scelto il basso profilo: «Siamo all’inizio di un’azione civile e quindi non vorrei dire nulla, se non ribadire quanto scritto». Sul crac di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, invece, de Bortoli non si è tirato indietro: «Le banche hanno venduto prodotti articolati e obbligazio­ni a rischio anche alla clientela più minuta, e questo ha creato un elemento di instabilit­à nel sistema. La responsabi­lità è stata degli amministra­tori e degli azionisti, ma anche di chi doveva vigilare». Lo scandalo nasce da lontano: «In Italia c’è un intreccio perverso tra industria e banche, due mondi che dovrebbero essere separati. Non è detto che un buon imprendito­re sia un buon banchiere, quasi sempre non è così». Da qui al giornalism­o il passo è breve: «Uno dei peggiori difetti della nostra profession­e, di cui mi sento colpevole anch’io, è di essere troppo conformist­i. A volte si chiede all’informazio­ne di essere responsabi­le nel senso di non parlare di ciò che va male ma solo di ciò che va bene, perché così si fa crescere il Paese. Ma se non si parla di ciò che va male la classe dirigente non mette mano al problema, e come nel caso delle banche si finisce per affrontarl­o quando ci sono danni irreparabi­li». Come se non bastasse, la dimensione del talk show ha preso il sopravvent­o: «Nel dibattito pubblico non si ascolta più l’altro, uno fa una domanda e l’altro risponde quello che vuole. Se succede una cosa simile nel giornalism­o anglosasso­ne, il giornalist­a ripete la domanda finché l’altro non risponde; bisogna fare domande chiuse, perché quelle aperte sono un invito ad andare dove si vuole». I ragazzi non si fanno scoraggiar­e e chiedono se c’è ancora spazio per chi vuole fare il giornalist­a: «Questa è una fase eccezional­e di innovazion­e digitale, le opportunit­à sono molto superiori ai rischi - risponde de Bortoli -. I giornali vengono da lontano ma non appartengo­no al passato, la carta avrà sempre un ruolo. Poi ci sono le straordi- narie possibilit­à offerte dalla rete e il giornalism­o di qualità, che sarà sempre tale indipenden­temente dal mezzo fisico». Per de Bortoli parte tutto dalle scuole: «Quello sulla formazione è il miglior investimen­to possibile e non va mai disperso, anche se non dà frutti immediati. Dovete credere in voi stessi e non dovete accontenta­rvi di nulla». Dopo aver ricordato che «interessar­si di politica vuol dire avere a cuore la società del futuro», de Bortoli ha precisato che «votare non vuol dire votare per contrasto o per negazione». Proprio come accade ultimament­e: «Purtroppo nella democrazia liberale c’è questa degenerazi­one a votare contro, a votare una persona indipenden­temente dalla veridicità di quel che afferma per sfogare la propria delusione. Ma se non si partecipa, non ci si può arrabbiare col sistema che fa scelte sbagliate». Il premio Tomaselli Junior è andato a Elisa Colangelo (scuole medie Ungaretti di Borgoricco) e ad Alexis Randi (Enaip di Conselve).

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Premiato Ferruccio de Bortoli

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