Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
De Bortoli tra banche, politica e digitale «Ai giovani dico non accontentatevi»
L’ex direttore del Corsera vince il premio Tomaselli e incontra gli studenti
Ad ascoltarlo c’erano duecento studenti padovani e veneziani delle scuole medie e superiori. E ieri, ritirando il premio giornalistico «Cesco Tomaselli» a Borgoricco, Ferruccio de Bortoli si è rivolto soprattutto a loro: l’ex direttore del Corriere della sera, premiato come «grande testimone del miglior giornalismo italiano e custode dei valori della professione» per il suo ultimo libro Poteri forti (o quasi), ha spaziato dalla politica al mondo dell’informazione con lo sguardo rivolto al futuro. Il presente è scandito dalle polemiche sulle banche e sul ruolo di Maria Elena Boschi; a innescarle è stato proprio il libro di de Bortoli, secondo cui il ministro avrebbe proposto all’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni l’acquisto di Banca Etruria. E dopo la querela della Boschi, ieri de Bortoli ha scelto il basso profilo: «Siamo all’inizio di un’azione civile e quindi non vorrei dire nulla, se non ribadire quanto scritto». Sul crac di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, invece, de Bortoli non si è tirato indietro: «Le banche hanno venduto prodotti articolati e obbligazioni a rischio anche alla clientela più minuta, e questo ha creato un elemento di instabilità nel sistema. La responsabilità è stata degli amministratori e degli azionisti, ma anche di chi doveva vigilare». Lo scandalo nasce da lontano: «In Italia c’è un intreccio perverso tra industria e banche, due mondi che dovrebbero essere separati. Non è detto che un buon imprenditore sia un buon banchiere, quasi sempre non è così». Da qui al giornalismo il passo è breve: «Uno dei peggiori difetti della nostra professione, di cui mi sento colpevole anch’io, è di essere troppo conformisti. A volte si chiede all’informazione di essere responsabile nel senso di non parlare di ciò che va male ma solo di ciò che va bene, perché così si fa crescere il Paese. Ma se non si parla di ciò che va male la classe dirigente non mette mano al problema, e come nel caso delle banche si finisce per affrontarlo quando ci sono danni irreparabili». Come se non bastasse, la dimensione del talk show ha preso il sopravvento: «Nel dibattito pubblico non si ascolta più l’altro, uno fa una domanda e l’altro risponde quello che vuole. Se succede una cosa simile nel giornalismo anglosassone, il giornalista ripete la domanda finché l’altro non risponde; bisogna fare domande chiuse, perché quelle aperte sono un invito ad andare dove si vuole». I ragazzi non si fanno scoraggiare e chiedono se c’è ancora spazio per chi vuole fare il giornalista: «Questa è una fase eccezionale di innovazione digitale, le opportunità sono molto superiori ai rischi - risponde de Bortoli -. I giornali vengono da lontano ma non appartengono al passato, la carta avrà sempre un ruolo. Poi ci sono le straordi- narie possibilità offerte dalla rete e il giornalismo di qualità, che sarà sempre tale indipendentemente dal mezzo fisico». Per de Bortoli parte tutto dalle scuole: «Quello sulla formazione è il miglior investimento possibile e non va mai disperso, anche se non dà frutti immediati. Dovete credere in voi stessi e non dovete accontentarvi di nulla». Dopo aver ricordato che «interessarsi di politica vuol dire avere a cuore la società del futuro», de Bortoli ha precisato che «votare non vuol dire votare per contrasto o per negazione». Proprio come accade ultimamente: «Purtroppo nella democrazia liberale c’è questa degenerazione a votare contro, a votare una persona indipendentemente dalla veridicità di quel che afferma per sfogare la propria delusione. Ma se non si partecipa, non ci si può arrabbiare col sistema che fa scelte sbagliate». Il premio Tomaselli Junior è andato a Elisa Colangelo (scuole medie Ungaretti di Borgoricco) e ad Alexis Randi (Enaip di Conselve).