Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il «memoriale» ritrovato: «Così Vb voleva evitare i controlli di Bankitalia»
«Gli indagati, perseguendo la realizzazione di un intento di natura affatto personale, hanno utilizzato in modo strumentale le risorse finanziarie messe a loro disposizione da Veneto Banca». A leggere la descrizione che ne dà il gip di Roma Vilma Passamonti, l’istituto di credito di Montebelluna era in balia delle scelte di un gruppetto di manager capitanati dall’ad Vincenzo Consoli, sul quale nessuno vigilava.
«Non c’era sorveglianza»
Nelle 124 pagine con le quali ordina il sequestro preventivo di 59 milioni di euro nei confronti di cinque manager, il giudice cita alcuni elementi importanti raccolti dalla procura di Roma, che ora sta affrontando l’udienza preliminare nei confronti proprio degli indagati. Tra gli atti compare una relazione di Bankitalia secondo la quale «l’attività del Cda si è caratterizzata per i forti limiti nella capacità di sorveglianza del management, l’assai modesta dialettica interna e l’inconsistente ruolo di componenti indipendenti. Il consesso è dominato dalle figure dell’Ad Vincenzo Consoli e del presidente Flavio Trinca, le cui proposte vengono approvate pressoché sistematicamente all’unanimità».
Tre le irregolarità riscontrate dagli ispettori, balza all’occhio il «frequente rilascio di linee di credito, anche corpose, a parti correlate, soprattutto esponenti di vertice della banca stessa». Tra i soggetti affidati si citano il sindaco Michele Stiz, il consigliere Attilio Carlesso (con fidi a incaglio di diversi milioni di euro), e il consigliere Luigi Terzoli «il cui figlio, attraverso la Finver Agricola Immobiliare Srl, annovera un’apertura di credito per 1,65 milioni». Ma finanziamenti «si rilevano, peraltro rinnovati a seguito di sconfino, a favore di ulteriori consiglieri quali Gianfranco Zoppas, Francesco Biasia, Flavio Trinca (nonché attraverso le rispettive coniugi), Franco Antiga e Vincenzo Consoli» .
Le baciate «obbligatorie»
C’è poi la questione delle operazioni baciate: prestiti concessi per l’acquisto di azioni. Un dipendente di Veneto Banca, intercettato dalla guardia di finanza, risponde così a chi gli chiedeva come ottenere un mutuo: «Lo facciamo solo a chi è socio, se è disposto a comprare azioni portalo qui. Sull’immobiliare lo facciamo solo per chi è socio, chi non è socio non... se è disposto a fare un discorso di questo genere, va bene!». Per il magistrato «molte telefonate danno contezza di come queste strategie fossero quotidianamente messe in pratica». C’era «la piena conoscenza da parte di tutti coloro che ricoprivano carichi ai vertici della banca, delle più importanti pratiche gestite in sedi periferiche non sempre corrette».
Le intercettazioni
Nell’ordine di sequestro compaiono anche alcune intercettazioni inedite, come quelle relative alla telefonata tra Gianclaudio Giovannone e Pietro D’Aguì avvenuta nelle ore successive all’arresto di Consoli, il 2 agosto 2016: «È venuto da me e da Pietro questo signor Bertolo - dice Giovannone - e ci ha chiesto un piacere di 2 o 3 mesi perché ci ha detto che Veneto Banca era in momentanea crisi di liquidità, non ci ha parlato di ratios, non ci ha parlato di niente. Dice che “questo cliente vuol vendere questi 15 milioni di corsa, noi non sappiamo come fare a prenderglieli perché siamo tirati come liquidità, ce li prendete voi per due o tre mesi?”. E noi abbiamo detto: “Ma certo ma dov’è il problema”...». Per il giudice, con le loro parole «chiariscono definitivamente la comune condizione di conoscenza in ordine alle finalità di Veneto Banca».
Il «memoriale»
Interessante anche il documento sequestrato a casa di Giovannone, nel corso della perquisizione eseguita dai finanzieri il 2 agosto dello scorso anno. Si tratta di una e-mail stampata nel 2012 e forse rivolta proprio a Vincenzo Consoli - nella quale si legge che «...ci venne chiesto di acquistare obbligazioni Veneto Banca subordinate a un prezzo fuori dal mondo! Che ci sarebbero state finanziate direttamente da Vb con un’apertura di credito, queste obbligazioni, per evitare spiacevoli eventuali controlli da parte dell’autorità di Vigilanza (...) L’operazione ci venne descritta come una necessità importante per Veneto Banca a scavalco dell’anno e ci fu assicurato verbalmente che nei primi mesi del 2009 sarebbe stata chiusa senza danno economico per noi». Poi la lamentela, perché l’istituto di credito non rispettava il patto: «Di anni ne abbiamo già scavalcati quattro (l’operazione di portage risale al 2008, ndr) e nonostante le nostre ripetute richieste l’operazione non ci è stata ancora chiusa».
Il manager Il mutuo lo facciamo solo a chi è socio, se è disposto a comprare