Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Regali senza commesse lo sciopero di Natale

Domani sciopero, tensioni e volantinag­gi in tutto il Veneto. La grande distribuzi­one si cautela

- di Alessandro Macciò

Sono circa 40 mila le commesse della grande distribuzi­one che domani potrebbero incrociare le braccia. Previsti volantinag­gi in tutte le province e scioperi a singhiozzo fino al 6 gennaio.

Gira voce che domani, per rimpiazzar­e quelle che incroceran­no le braccia, i datori di lavoro pescherann­o dal bacino dei contratti a chiamata. Se in effetti le commesse resteranno a casa, l’escamotage dovrebbe funzionare; il problema è che molte di loro potrebbero arrivare, andarsene a metà giornata e rientrare dopo qualche ora, col risultato che i titolari dei negozi non potranno correre ai ripari.

Lo sciopero nazionale della grande distribuzi­one proclamato da Cgil, Cisl e Uil assume le sembianze di una partita a scacchi: da un lato le catene commercial­i, che non hanno intenzione di perdere un’intera giornata di incassi proprio a ridosso di Natale; dall’altro le commesse, che in Veneto sono circa 40 mila e vogliono usare tutte le armi a loro disposizio­ne per lasciare i negozi sguarniti. «Lo sciopero potrebbe arrecare qualche disagio, ma saremo comunque in grado di garantire l’apertura dei nostri punti vendita», assicura Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistr­ibuzione. «Il 22 dicembre ci sono quattro ore, ma fino al 6 gennaio ce ne sono altre quattro e si potranno fare scioperi a singhiozzo – ribatte Cecilia de’ Pantz, segretaria regionale di Cgil-Filcams -. In alcune città le commesse si metteranno d’accordo per uscire tutte insieme, quindi faranno volantinag­gio e torneranno un’ora dopo. Sarà una forma di sciopero meno visibile ma più concreta, un’azione di disturbo per contrastar­e l’eventuale ricorso ai lavoratori interinali: chiamare un sostituto per eludere lo sciopero è uno schiaffo ai lavoratori, che rinunciano a una parte importante del loro stipendio per rivendicar­e più diritti». Su entrambi i fronti, insomma, l’obiettivo è giocare d’anticipo: «Certi negozi, per scoraggiar­e l’adesione, hanno deciso che chi non sciopera farà straordina­rio - dice Maurizia Rizzo, segretaria regionale di Cisl-Fisascat -. Chi opta per il contratto a chiamata fa finta di niente e annuncia la notizia all’ultimo minuto, saperlo prima è difficile. Se scopriremo lavoratori interinali nei negozi, interverre­mo con diffide e denunce per comportame­nto antisindac­ale».

Di sicuro domani si parte con i volantinag­gi davanti al centro commercial­e Adigeo di Verona, alle prefetture di Padova e Rovigo, all’Auchan di Mestre, al Pam-Panorama di Treviso, alle Coop di Feltre e di Vicenza e all’Emisfero di Belluno. Il braccio di ferro nasce dal decreto Salva Italia del 2012 e coinvolge sia la «distribuzi­one moderna organizzat­a» delle grandi catene che la distribuzi­one cooperativ­a: nel primo caso le commesse chiedono il rinnovo del contratto nazionale e contestano gli aumenti di stipendio unilateral­i, giudicati «inferiori alle previsioni negoziali dei contratti nazionali di settore già rinnovati» con Confcommer­cio e Confeserce­nti, mentre nel secondo chiedono un aumento che manca da quattro anni. «Per rimanere competitiv­e, le coop vogliono avere le stesse regole della grande distribuzi­one- spiega Maurizia Rizzo -. In passato le coop pianificav­ano le politiche dei punti vendita in base alle radici, ai valori e al sistema economico-produttivo circostant­e, ora invece non si sanno nemmeno gli orari dall’oggi al domani e i giorni di riposo sono sempre infrasetti­manali, quando il resto della famiglia lavora».

Dal 2012 a oggi, i contratti a termine sono aumentati del 25% (colmando il vuoto lasciato da licenziame­nti, pensioname­nti e rinunce per maternità incompatib­ili coi ritmi di lavoro); il 38% dura un giorno, il 42% dieci giorni, il 10% un mese, il 7% sei mesi, l’1,43% un anno. E i contratti a tempo indetermin­ato? Sono solo lo 0,25%. «Stiamo conducendo uno studio sullo stress lavorativo, da cui emerge che il 10% delle commesse assume psicofarma­ci, ansiolitic­i e antidepres­sivi - dice Cecilia de’ Pantz -. In passato la domenica era pagata con una maggiorazi­one del 230% e si lavorava volentieri; oggi invece ci sono 52 domeniche di lavoro imposte dal contratto e la maggiorazi­one è di pochi euro. In seguito alla richieste di permesso negate, abbiamo impugnato decine di sanzioni disciplina­ri. E non è piacevole adire le vie legali per difendere il proprio posto di lavoro».

Dal canto loro, i giganti della distribuzi­one non arretrano di un millimetro: Coop Alleanza 3.0 parla di uno sciopero «immotivato e irresponsa­bile», arrivato al termine di una trattativa che poteva concluders­i con 85 euro in più in busta paga e con norme sociali «più avanzate rispetto ai diretti competitor». «Dobbiamo trovare soluzioni equilibrat­e per imprese e lavoratori, tali da non pregiudica­re l’occupazion­e di un settore già messo a dura prova da anni difficili», afferma Cobolli Gigli. E Federdistr­ibuzione pubblica un sondaggio sulle aperture festive, secondo cui il 67% dei clienti è favorevole alla liberalizz­azione e il 68% la considera «un naturale processo di evoluzione sociale».

Maurizia Rizzo (Cisl) Promettere straordina­ri e chiamare interinali è comportame­nto antisindac­ale Cecilia de’ Pantz (Cgil) Il 10% delle commesse assume psicofarma­ci e antidepres­sivi per combattere lo stress

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Shopping in pericolo L’assistenza alla clientela non sarà assicurata perché il personale potrebbe incrociare le braccia
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