Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Montagna di libri con Mentana «Così vedo il 2018»
Enrico Mentana, ospite a Cortina a Una montagna di libri. Voto, autonomia, testamento biologico
Si è inaugurata ieri la nuova edizione de «Una montagna di libri», il festival culturale che richiama a Cortina scrittori, giornalisti e intellettuali. Ad aprire le danze è stato Marco Paolini che ha lanciato il suo spettacolo «Le avventure di numero Primo». Un appuntamento al quale ne seguiranno molti altri, a partire da quello del 26 dicembre con Luca Telese, passando per quello del 4 gennaio con Peter Francopan, docente a Oxford e autore de «Le vie della seta».
Il 1 gennaio, allo scoccare del nuovo anno, sarà il momento di tracciare un bilancio del 2017 e lasciarsi andare nelle previsioni per il 2018. Ad occuparsene sarà il direttore del Tg La7 Enrico Mentana che, al Corriere del Veneto, anticipa la sua su quanto ci si dovrà aspettare. Con un occhio di riguardo a Cortina.
Enrico Mentana, cominciamo da quello che i sondaggi attuali danno per perdente: il Pd, che starebbe sotto il 24%. È una partita chiusa, con l’uninominale?
«Non solo non è chiusa. Tutto si può riaprire. Quante situazioni che sembravano pregiudicate e che poi invece sono diventate possibili abbiamo visto, in questi anni? Pensiamo a Berlusconi. Lo stesso che mai avremmo pensato di rivedere come favorito solo sette anni dopo le sue dimissioni presentate nel novembre 2011 adesso guida la corsa. Quella sera al Quirinale sembrava una festa rivoluzionaria per la fine di un’epoca. Poi il centrodestra ha dato prova di esistere alle elezioni del 2013, poi Berlusconi è finito nei guai un’altra volta con la condanna e la decadenza da senatore, poi, ancora, tutte queste cose non sono bastate. Figuriamoci quindi se possiamo dare per morto il Pd». Ma i consensi non sono mai stati così bassi.
«Ma nel 2013 avevano il 25%, quindi sarebbero sotto di un solo punto percentuale rispetto ad allora. Non è che siamo così distanti. Poi, certo, quel po’ di uninominale che c’è nella legge elettorale potrebbe cambiare le cose. Se nelle prime settimane dell’anno i sondaggi dovessero andare davvero male per il Pd allora può darsi che ci sia un ripensamento riguardo ad accordi con Liberi e uguali, almeno nei collegi uninominali».
Luigi Di Maio è un astro nascente (e Renzi una stella cadente)?
«È ovvio che questo è il momento più difficile per Renzi. Ma resterà così a lungo? È pensabile che si passi i prossimi due mesi e mezzo a parlare di banche? Non credo. Lo stesso, di converso, vale per Di Maio. Una campagna elettorale è fatta di confronti. Non potrà fare solo interviste da solo come ha fatto finora. Sicuramente al momento la prima lista favorita sono i Cinque Stelle, e la coalizione il centrodestra. Il problema che le elezioni non si tengono il 23 dicembre. Ma a marzo».
Ritiene pensabile l’ipotesi - accarezzata anche da Berlusconi, se non ci sarà maggioranza, di un Gentiloni bis?
«Berlusconi ha confermato che non è un’opzione esclusa, il che non significa che sarà quella che necessariamente si percorrerà dopo le elezioni. Certo è che una delle qualità di Gentiloni è che in questi mesi non si è fatto nemici». Giovedì in Catalogna hanno (quasi) vinto gli indipendentisti. Parlandone con Giovanni Viafora su questo giornale, lei sul referendum veneto aveva detto: il Veneto è un caso a parte. Ma la Catalogna è un segnale anche per questa regione?
«Il segnale che arriva dalla Catalogna è che l’autonomia è una cosa che si può cercare,
ma senza farne un’ascia di guerra. Perché le guerre si possono anche perdere. E anche adesso che Puidgemont e Junqueras hanno vinto per numero di seggi non è che gli indipendentisti stiano molto meglio di sei mesi fa». Zaia è più accorto dei catalani?
«Ha sempre detto che voleva l’autonomia e non la successione. E il governatore del Veneto tutto mi pare meno che un Puidgemont. E è uno che ha fatto il ministro della Repubblica italiana, giusto?»
Restando in Veneto: il patriarca di Venezia Moraglia sul fine vita ha invitato i medici a fare obiezione di coscienza. Cosa ne pensa?
«Un paese laico e civile sa darsi limiti e diritti. Non si può uccidere, ma si può avere il diritto a un dignitoso fine vita. Non si può obbligare al testamento biologico, ma nemmeno impedire di farlo a chi lo vuol fare. Se le leggi sull’aborto e fine vita sono leggi dello Stato, chi professa una religione deve aver presente che esiste anche una ragione dei laici. Trovo sbagliato chiedere di intralciare una legge».
Sta per salire a Cortina. Un luogo che conosce bene: è cambiata in meglio o in peggio, in questi anni?
«Non è Cortina che cambia. Cortina ha una posizione strepitosa, immortale. Quello che cambia è chi ci va. Sono gli italiani e i turisti. E Cortina come tutta l’Italia ha vissuto le stagioni dell’euforia, lo “sboom” di Tangentopoli, la ripresa, e le sue controversie giudiziarie e amministrative... Una cosa, però: andrebbe tutelata meglio. Si veda il caso appena detto dello Statuto speciale. Cortina è l’ultima stazione di villeggiatura prima del confine con una regione che vive secondo regole diverse. Ma sono convinto che non esista giustificazione nel 2018 per regimi fiscali separati. Dieci chilometri di distanza segnano una differenza mai vista. L’autonomia o vale per tutti o per nessuno. Punto».